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A Roma c’è un cimitero di feti abortiti: sulle tombe il nome delle madri (che non ne sanno nulla)

Il cimitero

Il racconto di una giovane donna di Roma che ha fatto la macabra scoperta all’interno del cimitero capitolino Flaminio.

Nel cuore di Roma, nel cimitero Flaminio, c’è un campo di croci bianche, con su scritto nomi di donne. Ma sotto quelle croci non riposano donne, non riposano nemmeno persone. Sono feti, abortiti da quelle stesse donne che ora hanno il loro nome scritto su una croce, spesso senza nemmeno saperlo come racconta M.L., una giovane donna romana che ha raccontato questo inquietante, grottesco e malato spaccato della società italiana del 2020.

M. ha scritto la storia su Facebook, ma non ne riportiamo il nome né mostreremo la foto perché ci ha già pensato il comune di Roma a violare la sua privacy, affibbiandole una colpa che non lo è, ossia quella di aver interrotto la gravidanza. Un diritto che certi politici vorrebbero cancellare, decidendo sul corpo delle donne che in questo caso si vedono private del nome, della scelta, della dignità. Come se aver abortito non fosse già abbastanza, come se l’interruzione di gravidanza sia una scelta che le donne compiono a cuor leggero.

Mesi fa” scrive M., “condividevo con sdegno un post sullo scandalo delle proposte, in giro per l’Italia, in merito a cimiteri di feti e prodotti del concepimento senza il consenso delle donne. L’ho fatto perché ero all’oscuro di cosa accade nella realtà nel comune di Roma.

Ecco siccome non si deve mai generalizzare racconto cosa è successo a me“.
“Nel momento in cui firmai tutti i fogli relativi alla mia interruzione terapeutica di gravidanza, mi chiesero: ‘Vuole procedere lei con esequie e sepoltura? Se sì, questi sono i moduli da compilare’. Risposi che non volevo procedere, per motivi miei, personali che non ero e non sono tenuta a precisare a nessuno. Avevo la mente confusa, non ho avuto la lucidità sufficiente per chiedere cosa succedesse al feto”.

“Dopo circa 7 mesi ritirai il referto istologico, e pensando ai vari articoli sulle assurdità su sepolture di prodotti del concepimento, ebbi un dubbio. Decisi di chiamare la struttura nella quale avevo abortito, e dopo aver ricevuto risposte vaghe, decido di contattare la camera mortuaria”.
Segue il racconto di come M. ha scoperto l’esistenza del cimitero. In seguito, M scopre anche che “sul sito di Ama cimiteri capitolini esiste una sezione dedicata a descrivere lo scenario nel quale si inseriva quel progetto di ‘giardino degli angeli’ del 2012“.
“In assenza di un Regolamento regionale, questo tipo di sepoltura è disciplinata dai commi 2, 3 e 4 dell’art. 7 del D.P.R. 285/90 (Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria) che, in sintesi prevede che: i “prodotti del concepimento” dalla 20^ alla 28^ settimana oppure i “feti” oltre la 28^ settimana, vengono sepolti su richiesta dei familiari o, comunque, su disposizione della ASL.

Sempre presso il Flaminio, esiste un altro campo a cui sono destinati i “prodotti del concepimento” o i “feti” che non hanno avuto onoranze funebri perché sepolti
su semplice richiesta dell’ASL.
Gli stessi giacciono in fosse singole, contraddistinte da un segno funerario apposto da AMA-Cimiteri Capitolini, costituito da croce di legno ed una targa su cui é riportato comunemente il nome della madre…..”.
“A questo punto” continua M., “mi sembrano ovvie le riflessioni su quanto sia tutto scandalosamente assurdo, su quanto la mia privacy sia stata violata, su quanto affermare che ‘ci pensa il comune per beneficenza’ abbia in qualche modo voluto comunicare ‘l’hai abbandonato e ci pensiamo noi’… Ecco … Potrei dilungarmi sulla rabbia e l’angoscia che mi ha provocato vedere che senza il mio consenso, altri abbiano seppellito mio figlio con una croce, simbolo cristiano, che non mi appartiene e con scritto il mio nome. No. Non lo faccio perché il disagio emotivo che mi ha travolto riguarda me e solo me”.

Il campo in questione del cimitero Flaminio è pieno di croci con nomi e cognomi femminili. Questo é accaduto a Roma. Questo é accaduto a me.
Ci tengo a dire che, nonostante tutto, non dimenticherò mai l’umanità e la gentilezza del personale della camera mortuaria che ha seguito la mia vicenda per mesi”.

Globalist

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