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Bambini rifugiati, un solo sogno, tornare a casa

di Sebastiano Fezza

Attorno al campo profughi muri, o filo spinato, o barriere in metallo, nell’interno tende, baracche, containers adibite ad abitazioni, c’è un bagno ogni cento o più persone, e poi ore in fila per la distribuzione dei pasti e per l’acqua potabile.
Una distesa infinita di tende dove in estate regna la polvere che ti entra nei polmoni e non ti fa respirare, in inverno freddo, pioggia, fango, un posto dove l’igiene è solo una parola,
gli odori si mischiano agli odori, fumo, spazzatura, cibo, escrementi.

E poi la sicurezza, nessuno è al sicuro in un campo profughi, l’unica autorità è costituita dalle organizzazioni umanitarie, lo stato è assente,
questo vuol dire che un campo profughi è territorio fertile per le organizzazioni criminali che controllano il mercato nero, la prostituzione, la gestione e la distribuzione del lavoro per gli uomini e le donne.

Per le donne anche andare in bagno è pericoloso, per un bambino il rischio di finire tra le maglie della criminalità è altissimo.
Un campo profughi è terreno fertile anche per i trafficanti di esseri umani.

Ora proviamo ad immaginare la vita di un bambino costretto a vivere in un campo profughi, freddo in inverno, caldo torrido in estate, tutto il giorno in strada, ore ed ore con un pentolino a fare lunghe file per il cibo e per l’acqua, e poi ancora sulla strada esposti a pericoli e alla tentazione di entrare a far parte di una organizzazione criminale o di prostituirsi, un modo come un altro per guadagnare qualche soldo per sopravvivere.

Basterebbero poche ore della nostra vita in un campo profughi per capire quanto siamo fortunati.

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