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Botte con la spranga di ferro a donne e bambini su un gommone: così la Turchia respinge i profughi…

terribili momenti dell’attacco della motovedetta turca al gommone di profughi siriani

Il gommone su cui viaggiava un gruppo di profughi siriani è stato attaccato in pieno mar Egeo dalla guardia costiera turca mentre cercava di raggiungere l’isola greca di Lesbo. Un video documenta le urla e i pianti dei bambini, impauriti di fronte alla violenza dei marinai delle motovedette. Intanto sulle isole greche è emergenza umanitaria: tre bambini rinchiusi nei centri di accoglienza hanno tentato il suicidio.

di Mirko Bellis

Le urla delle persone sul gommone sono disperate. Un uomo alza un bambino verso l’imbarcazione della guardia costiera turca nel tentativo di far desistere l’azione dei marinai. Come risposta riceve un colpo con una fune. L’abbordaggio prosegue, tra i pianti strazianti dei bambini a bordo, con le guardie turche che cercano di mettere fuori uso il motore del gommone con un’asta metallica. Un altro natante arriva in appoggio della motovedetta mentre sull’imbarcazione su cui viaggiano i profughi comincia a entrare acqua. Alcuni bambini indossano un salvagente; pochi hanno attorno alla vita solo una ciambella gonfiabile che, in caso di affondamento, dovrebbe tenerli a galla. Altri non hanno nulla. Se dovessero naufragare, molto probabilmente affogherebbero.

l video, diffuso sui social network, mostra tutta l’angoscia vissuta la settimana scorsa da un gruppo di profughi siriani al largo delle coste turche. Erano partiti da Smirne (Izmir, in turco). La loro destinazione: l’isola greca di Lesbo. Quella stessa isola già sovraffollata di disperati in fuga da guerra e miseria. Per raggiungerla, però, devono attraversare il Mar Egeo. E le motovedette turche sono lì per impedirlo. Anche a costo di usare la forza. L’imbarcazione dei siriani è stata costretta a ritornare al punto di partenza e gli occupanti, tra cui 5 minori, sono stati trattenuti dalle autorità. Non è la prima volta che accadono episodi simili. A marzo del 2016, alcuni profughi erano stati attaccati dai guardacoste turchi mentre cercavano di arrivare in Grecia. E un anno dopo, un altro video aveva documentato il rude abbordaggio ad un gommone pieno di migranti sempre al largo dell’Egeo.

Video:https://twitter.com/martingommel/status/900690514865008642

La Turchia, conviene ricordare, compie la sua parte del patto stipulato con l’Unione Europea nel 2016. Sei miliardi di euro concessi da Bruxelles a Erdogan perché impedisse a siriani, afghani e iracheni di arrivare in Grecia. Un fiume di denaro che ha bloccato sul suolo turco più di tre milioni e mezzo di profughi siriani e di altre nazionalità. Miliardi di euro, tra l’altro, che Erdogan afferma non aver ricevuto. Nei giorni scorsi, infatti, il presidente turco ha dichiarato che a finire nelle casse di Ankara sono stati solo 3-4 miliardi. Circostanza smentita da Natasha Bertaud, portavoce della Commissione europea, secondo cui l’importo stanziato sarebbe stato quasi interamente corrisposto alla Turchia.

Ma Erdogan, al di là della questione economica, usa i profughi anche per raggiungere i suoi obiettivi nella vicina Siria. Se non dovesse essere creata una “zona di sicurezza” nelle province siriane nord-occidentali, il presidente turco minaccia di “aprire le porte” alle migliaia di siriani che si stanno ammassando lungo la frontiera meridionale. L’offensiva di Assad sulla provincia di Idlib, iniziata a fine aprile, ha costretto oltre 600mila persone a fuggire, d’accordo con i dati diffusi dalle Nazioni Unite. In molti stanno vivendo all’aria aperta o in scuole adibite a rifugio e per tutti l’unica via di salvezza dipende dalla possibilità di varcare il confine turco.

Un gruppo di profughi costretti a dormire fuori dal centro di prima accoglienza di Moria sull’isola greca di Lesbo (Gettyimages)

Nel frattempo, gli arrivi via mare in Grecia hanno raggiunto picchi mai visti dal 2016. Secondo l’Unhcr sono quasi 10mila le persone sbarcate solo lo scorso agosto. E, per chi c’è riuscito, la situazione umanitaria è tremenda. Come ha denunciato Medici senza Frontiere (Msf), circa 24.000 persone in cerca di protezione in Europa sono intrappolate nelle isole di Lesbo, Samos, Chios in condizioni orribili, deliberatamente trascurati dalle autorità greche ed europee.

A preoccupare sono soprattutto i bambini: dei 73 pazienti curati nelle strutture di Msf, tre hanno tentato il suicidio e 17 hanno compiuto atti di autolesionismo. “Sempre di più questi bambini smettono di giocare – ha dichiarato Katryn Brubakk, responsabile di Msf per la salute mentale a Lesbo – hanno incubi, hanno paura di uscire dalle loro tende e iniziano a isolarsi dalla vita. Alcuni di loro smettono del tutto di parlare. Con il costante aumento di sovraffollamento, violenze e insicurezza nel campo, la situazione per i bambini peggiora di giorno in giorno”. “Questa pericolosa crisi –- che compromette la vita di migliaia di persone vulnerabili – scrive l’organizzazione umanitaria – è la conseguenza di un sistema di accoglienza fallimentare, della mancanza di meccanismi di protezione adeguati e di una insufficiente fornitura di servizi. Questo dimostra che l’approccio europeo alla migrazione, basato su contenimento e deterrenza, è chiaramente fallito”.

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