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Claudia, anestesista a Bergamo: “Quando riaprono gli occhi è una gioia enorme”

Claudia Paleologo. Foto di Maki Galimberti.

Il racconto di Claudia Paleologo, 33 anni, alla sua prima esperienza in terapia intensiva: “Ho studiato per questo, aiutare gli altri mi rende felice. Non ho paura”

La linea del fronte, nonostante le foto, i servizi gornalistici, le testimonianze, rimane per la maggioranza degli italiani inimmginabile. Cosa stanno davvero passando gli infermieri, i medici, gli operatori sanitari, è qualcosa che certamente verrà raccontato con dovizia di particolari in futuro, quando avremo modo di riflettere su tutto questo. Emergeranno tante storie, migliaia di dolori, lutti ma anche attimi di gioia, speranza, umanità. Loro saranno i reduci di questa guerra, che ha già lasciato sul campo 77 medici. Proprio come una guerra, le giovani reclute si sono ritrovate in trincea senza nessuna esperienza.

Claudia Paleologo, anestesista palermitana di 33 anni, si è specializzata l’11 febbraio scorso, e il 17 febbraio ha iniziato a lavorare all’ospedale Humanitas Gavazzeni di Bergamo. Quattro giorni dopo è scoppiata l’epidemia e Claudia, alla sua prima esperienza in terapia intensiva, si è trovata al centro esatto della tempesta.
“Ho studiato per questo. Il dramma che stiamo vivendo è un’esperienza tragica ma mi dà la possibilità di fare quello che volevo: è da quando ero bambina che desidero aiutare gli altri. Nella mia famiglia non ci sono medici. Non posso dire ‘sono una grande intensivista’. Ma poter dare un mio contributo sul campo mi rende felice”.

Queste sono le parole di Claudia e di tanti altri giovanissimi, alle volte nemmeno 30enni, che come lei ogni mattina indossano un’armatura che dovranno indossare per ore e ore, senza poter mangiare né andare in bagno, mettendo a dura prova fisico e mente, imprimendo al volto e all’anima cicatrici che difficilmente andranno via.

“Le emozioni le hai eccome. Ma le contieni, perché non aiutano a fare le scelte giuste per il tuo assistito. Quando entri in terapia intensiva devi concentrarti sul paziente, devi essere lucida e fredda. Però certo ci sono momenti di emozione che catturi e tiene con te. Ai malati intubati e sedati sollevi la palpebra per fare l’esame morfologico alle pupille. C’è una paziente. Dopo settimane di intubazione ha iniziato a migliorare. Le palpebre si sono alzate da sole. Ho visto questi occhi azzurri, bellissimi, profondi. Mi sono chiesta: come è possibile che non li avevo notati prima, quando alzavo io le palpebre? Avevano ripreso vita e l’abbiamo estubata. Che bella sensazione”.

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