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Dall’Italia arrivano armi all’Egitto: la “commessa della vergogna”

Paola e Claudio Regeni

Il governo italiano si prepara ad approvare la vendita di 6 fregate, di una ventina di pattugliatori navali, di 24 cacciabombardieri Eurofighter e 24 aerei addestratori M346 all’Egitto di al-Sisi.

di Umberto De Giovannangeli

La “commessa del secolo”. La “commessa della vergogna”. Altro che fare marcia indietro. Si rilancia, e alla grande. Altro che verità e giustizia per Giulio Regeni e per i tanti giovani come lui fatti fuori dal regime del presidente-generale Abdel Fattah al-Sisi. Il governo italiano si prepara ad approvare la vendita di 6 fregate, di una ventina di pattugliatori navali, di 24 cacciabombardieri Eurofighter e 24 aerei addestratori M346 all’Egitto del presidente al-Sisi. Una “commessa del secolo” che per l’Italia non ha soltanto un valore commerciale e industriale. L’iniziativa è partita dal Cairo, che ha espresso una manifestazione di interesse per le fregate della Fincantieri. L’azienda ha subito informato il governo italiano per avere l’autorizzazione ad andare avanti. E ha fatto presente di avere due navi già varate, la Spartaco Schergat e la Emilio Bianchi, destinate alla Marina. Potrebbero essere convertite agli standard di approntamento egiziani in tempi rapidi. Media italiani specializzati, come gli italiani Analisidifesa.it e Startmag.it e il libanese Sdarabia.com, hanno ipotizzato la fornitura di altre quattro fregate da costruire, e una ventina di pattugliatori da realizzare in parte in Egitto.

La “commessa della vergogna”

il Mef ha dato il via libera alla vendita delle Fremm, ma nei partiti che sostengono il governo Conte si levano voci contrarie. Lia Quartapelle, capogruppo Pd nella Commissione Esteri, ha sostenuto che “finché le autorità egiziane non collaboreranno per arrivare a un accertamento processuale regolare su chi ha rapito, torturato e ucciso Giulio e sui mandanti, non si può considerare l’Egitto come un paese con cui intrattenere normali relazioni tra alleati. Qualsiasi iniziativa sensibile, che implichi fiducia, condivisione di valori, comunanza di idee, deve essere attentamente valutata”. “Garantire l’approvvigionamento di armi a un paese come l’Egitto ci fa perdere credibilità”, ha detto Erasmo Palazzotto, di Leu, il partito del ministro della Salute, Roberto Speranza. E l’eurodeputato M5S, Fabio Massimo Castaldo, ha detto che è “necessario mandare un chiaro segnale: export di armi da bloccare, veramente e immediatamente”.

Fincantieri docet

Voci importanti, ma isolate. Perché, a quanto risulta a Globalist, dopo un confronto incrociato di fonti diplomatiche e analisti militari, al di là di “perplessità” espresse dalla Farnesina, l’ok è cosa fatta. Una conferma viene dall’amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono, che in un’audizione al Senato aveva fatto riferimento alla fornitura all’Egitto: “Stiamo definendo gli ultimi dettagli e questo sarà un successo per il Paese”.

Tornando alle autorizzazioni per nuove licenze, che costituiscono il dato politico saliente, i numeri evidenziano immediatamente alcune decisioni altamente problematiche. Il Paese destinatario del maggior numero di licenze risulta infatti essere l’Egitto con 871,7 milioni (derivanti in particolare dalla fornitura di 32 elicotteri prodotti da Leonardo spa) seguito dal Turkmenistan con 446,1 milioni (nel 2018 non era stato destinatario di alcuna licenza). Al terzo posto si colloca il Regno Unito con 419,1 milioni complessivi. Fra le prime 10 destinazioni delle autorizzazioni all’export di armi italiane nel 2019 troviamo 4 Paesi Nato (2 dei quali anche nella UE) insieme a 2 dell’Africa Settentrionale (l’Algeria oltre al già menzionato Egitto), 2 asiatici (Corea del Sud insieme al già citato Turkmenistan) ed infine Australia e Brasile. Complessivamente il 62,7% delle autorizzazioni per licenze all’export ha come destinazione Paesi fuori dalla Ue e dalla Nato.

Per quanto riguarda le imprese, ai vertici della classifica delle autorizzazioni ricevute troviamo Leonardo Spa con il 58% seguita da Elettronica spa (5,5%), Calzoni srl (4,3%), Orizzonte Sistemi Navali (4,2%) e Iveco Defence Vehicles (4,1%). Le importazioni totali registrate sono state pari a 214 milioni di euro, per il 68% con origine negli Usa e per il 14% provenienti da Israele (va notato che in queste cifre non compaiono gli import da Ue e area economica europea non più soggetti a controlli Uama).

“Riteniamo gravissimo e offensivo che sia stata autorizzata la vendita di un così ampio arsenale di sistemi militari all’Egitto sia a fronte delle pesanti violazioni dei diritti umani da parte del governo di al- Sisi sia per la sua riluttanza a fare chiarezza sulla terribile uccisione di Giulio Regeni. Chiediamo al Governo di riferire il momento del rilascio di tali autorizzazioni per stabilirne la paternità e comunque di sospendere ogni trattativa di forniture militari in corso finché non sia stata fatta piena luce dalle autorità egiziane sulla morte di Regeni”, denunciano Rete Italiana per il Disarmo e Rete della Pace.

In appena quattro anni il valore dell’export militare italiano verso il regime di al-Sisi è centuplicato. Tra le vendite che spiegano l’ultimo valore – rimarca Francesco Vignarca di Rete Disarmo, ci sono 32 elicotteri: Lo scrive la stessa Presidenza del Consiglio. Di questi 24 sarebbero Aw149 e il resto Aw189, elicotteri per operazioni di search&rescue, ma che possono anche trasportare truppe ed essere armati. Se sono per uso civile, allora perché chiedere l’autorizzazione militare?.

Da tempo l’Egitto si sta riarmando. Il Paese è al centro di una regione instabile. Le sue forze armate devono far fronte alle minacce del terrorismo, soprattutto nel Sinai; alle tensioni nella vicina Libia, dove da anni si combatte una feroce guerra civile; alle mai sopite tensioni con l’Etiopia, con al centro la controversia legata alla Grande diga del Millenio e alla possibile riduzione della portata del Nilo. In Egitto è però in corso anche una durissima repressione interna. Dopo il colpo di Stato che nel 2013 ha portato al potere il generale al-Sisi, si è assistito a un’azione durissima contro tutte le forze di opposizione, in particolare della Fratellanza Musulmana, partito molto forte che minaccia e ha minacciato il potere dei militari (di cui il presidente è espressione). Ciò ha comportato numerose violazioni dei diritti umani. Il caso Regeni e quello di Zaky ne sono due esempi eclatanti che toccano da vicino il nostro Paese.

Stato di polizia

Elicotteri, fregate, armi leggere. Destinati a uno Stato di polizia in cui i “desaparecidos” si contano ormai a migliaia. E più della metà dei detenuti nelle carceri lo sono per motivi politici. Per contenerli, il governo ha dovuto costruire 19 nuove strutture carcerarie. Il generale-presidente esercita un potere che si ramifica in tutta la società attraverso l’esercito, la polizia, le bande paramilitari e i servizi segreti, i famigerati Mukhabarat, quasi sempre più di uno. Al-Sisi si pone all’apice di un triangolo, quello dello Stato-ombra: esercito, Ministero degli Interni (e l’Nsa, la National Security Agenc.) e Gis (General Intelligence Service, i servizi segreti esterni). Se lo standard di sicurezza si misurasse sul numero degli oppositori incarcerati, l’Egitto di al-Sisi I° sarebbe tra i Paesi più sicuri al mondo: recenti rapporti delle più autorevoli organizzazioni internazionali per i diritti umani, da Human Rights Watch ad Amnesty International, calcolano in oltre 60mila i detenuti politici (un numero pari all’intera popolazione carceraria italiana): membri dei fuorilegge Fratelli musulmani, ma anche blogger, attivisti per i diritti umani, avvocati…Tutti accusati di attentare alla sicurezza dello Stato. Lo Stato di polizia all’ombra delle Piramidi.

Sotto la presidenza al-Sisi e col pretesto di combattere il terrorismo, migliaia di persone sono state arrestate arbitrariamente – centinaia delle quali per aver espresso critiche o manifestato pacificamente – ed è proseguita l’impunità per le amplissime violazioni dei diritti umani quali i maltrattamenti e le torture, le sparizioni forzate di massa, le esecuzioni extragiudiziali e l’uso eccessivo della forza. Dal 2014 sono state emesse oltre 2112 condanne a morte, spesso al termine di processi iniqui, almeno 223 delle quali poi eseguite. La legge del 2017 sulle Ong è stata il primo esempio delle norme draconiane introdotte dalle autorità egiziane per stroncare la libertà di espressione, di associazione e di manifestazione pacifica. La legge consente alle autorità di negare il riconoscimento delle Ong, di limitarne attività e finanziamenti e di indagare il loro personale per reati definiti in modo del tutto vago. Nel 2018 sono state approvate la legge sui mezzi d’informazione e quella sui crimini informatici, che hanno esteso ulteriormente i poteri di censura sulla stampa cartacea e online e sulle emittenti radio-televisive.

Con questo regime della tortura e dell’insabbiamento della verità sull’assassinio di Stato di cui è stato vittima Giulio Regeni, l’Italia si appresta a festeggiare la “commessa del secolo”. Una sola parola: Vergogna.

Globalist

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