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Etiopia, il Nobel confessa: stragi di civili in Tigrai. Rischio contagio nel Corno d’Africa

Si alza il velo sulle bugie e sul silenzio e arrivano le prime conferme ufficiali anche sul massacro di cristiani ad Axum, mentre il segretario di Stato Usa, Blinken, parla di «pulizia etnica». Il primo ministro etiope Abiy Ahmed, premio Nobel per la pace, confessa tardivamente e dopo troppe bugie i massacri non impediti.

Primi accenni di orrende verità
«Settimana della verità per il Tigrai, dopo mesi di blackout, silenzi e menzogne ufficiali», annuncia Paolo Lambruschi su Avvenire, ma siamo ancora alla speranza. Solo fatto certo, che la scorsa settimana il primo ministro etiope Abiy Ahmed, per la prima volta ha fatto ammissioni importanti in Parlamento e via social media, seguito da un primo, parziale riconoscimento etiope della strage di Axum, città santa della cristianità ortodossa, finora sempre negata. Una rincorda alla verità del dopo le denunce da mezzo mondo e il premio nobel assegnatoli per la pace e offeso da massacri tollerati. Il poco nobel Abiy ha riconosciuto che i militari etiopi hanno compiuto abusi contro i civili nello Stato regionale dal 4 novembre ad oggi, aggiungendo che i responsabili di atrocità durante l’offensiva militare saranno «chiamati a renderne conto».

‘Confessione’ costretta dall’indagine Onu
Le ammissioni dopo tante smentire bugiarde, arrivano dopo che l’Onu ha deciso un’indagine congiunta sulle violazioni dei diritti umani nel Tigrai e, soprattutto, dopo che il segretario di Stato Usa Antony Blinken aveva descritto come «pulizia etnica» le violenze anche sessuali di massa avvenute nella regione, a causa delle quali almeno 60mila profughi sono fuggiti in Sudan, oltre un milione di sfollati interni. Una indagine di fatto imposta dalla comunità internazionale. Inoltre, dopo 5 mesi di dinieghi e smentite ufficiali di Addis Abeba e dell’Asmara, è stato finalmente ammesso il coinvolgimento dei militari eritrei nel conflitto sul suolo etiope, scaricando su di loro la responsabilità di abusi contro i civili. Il non detto, è chi ha chiamati in casa propria quel massacratori, per fare cosa. Oltre al poco credibile scaricabarile.

Militari Eritrei chiamati in Etiopia da chi?
«L’autorizzazione concessa alcune settimane fa all’ingresso in aree tigrine di alcune grandi testate internazionali ha confermato tutti i racconti dell’orrore che vedono protagoniste soprattutto le truppe del regime di Isaias Afewerki». Alle truppe eritree Abiy è «comunque grato», e qui la sua colpa politica diventa plateale. «Il popolo e il governo eritreo hanno fatto un favore duraturo ai nostri soldati» durante la guerra, senza fornire dettagli. Fine di un Nobel affrettato. Poi, capito l’inciampo clamoroso in cui era caduto, Abiy prova ad attenuare: «La campagna militare era contro nemici chiaramente definiti: il Fronte di liberazione del popolo del Tigrai, (l’ex partito di governo locale che ha guidato il governo etiope dal 1991 all’avvento di Abiy nel marzo 2018), non contro le persone. Ne abbiano discusso quattro o cinque volte con il governo eritreo».

Gli Eritrei comodi cattivi ma scontenti
Il leader etiope sostiene di aver chiesto all’Alto commissariato Onu per i rifugiati, un anno prima della guerra nel Tigrai, di spostare i campi di accoglienza dei rifugiati eritrei verso l’interno, «ma questo non è avvenuto per le pressioni subite dal Tplf ». Peccato che, in questo spezzone di guerra, sui 96mila rifugiati eritrei, almeno 15mila sono stati deportati a forza dai soldati eritrei nonostante fossero sotto la protezione del governo etiope. Nulla è stato detto anche sulla deportazione di almeno 15mila eritrei dei campi di Hitsats e Shimelba, distrutti dalle truppe del dittatore eritreo, altro crimine contro l’umanità come ha ricordato l’Alto commissario Onu Filippo Grandi. Mentre l’Alto commissario per i diritti umani Michelle Bachelet ha lanciato un appello per far cessare stupri e «altre orribili forme di violenza indiscriminata contro i civili mentre la situazione umanitaria sta peggiorando».

Le denunce delle Ong internazionali
Dopo i report di Amnesty international e Human Rights Watch, ieri un rapporto preliminare della Commissione nazionale etiope per i diritti umani accusava i soldati di Isaias Afwerki, il presidente dell’Eritrea, dell’uccisione di oltre 100 civili a novembre (almeno 800 per gli altri report, ndr), che «potrebbe costituire un crimine contro l’umanità ». Intanto dall’Ue primo passo ufficiale contro l’Eritrea. I 27 ministri degli Esteri europei hanno approvato sanzioni contro dirigenti dei servizi di intelligence di Asmara con cui vengono congelati conti correnti in Europa e imposti blocchi ai visti di ingresso nell’Ue perché responsabili in Eritrea di «gravi violazioni dei diritti umani con arresti arbitrari, esecuzioni extragiudiziali, sparizioni forzate e torture».

Le truppe eritree sono state segnalate da organismi Onu persino al confine tra Etiopia e Sudan, nel conteso triangolo di al-Fashqa, dove negli ultimi mesi c’è stata un’escalation di tensione con ripetuti scontri. Altri segnali di contagio del conflitto del Tigrai in tutto il Corno d’Africa.

REMOCONTRO

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