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Etiopia: in Tigrai la guerra della fame contro la popolazione

Medici senza frontiere: testimonianza di due operatori italiani appena rientrati dalla regione devastata dal conflitto. «Rete ospedaliera danneggiata all’80%, i soldati ostacolano volutamente l’accesso di aiuti e Ong»
E’ lo scenario ”cupo” che ha assunto dopo sette mesi il conflitto nascosto ai media in Tigrai tra l’esercito etiope e gli alleati eritrei e, dall’altra parte, il partito popolare di liberazione tigrino.
Nel Tigray, piegato dalla carestia, si combatte a colpi di grano e vacche.
La strategia dei soldati etiopi ed eritrei per affamare la popolazione locale colpendo soprattutto i bambini e i più vulnerabili.
Massacri, stupri di gruppo e pulizia etnica


Assedio e strategia della fame
Una rara testimonianza dal campo sulle sofferenze dei 7 milioni di tigrini attraverso un incontro con due operatori italiani di Medici senza frontiere, -Tommaso Santo e Marco Sandrone– nei giorni scorsi su Avvenire. Il conflitto è ben lontano dall’essere terminato, come aveva annunciato il premier etiope Abiy Ahmed, ormai poco Nobel per la pace 2019.
Ora è resistenza armata di gruppi tigrini contro cui etiopi ed eritrei replicano con bombardamenti. La presenza e le pressioni dell’esercito etiope sembrano inoltre in aumento, anche in strutture come gli ospedali, l’80% dei quali è stato danneggiato.

Guerra e costanti abusi sui civili
Entrambe le parti hanno disseminato la regione di posti di blocco che cambiano speso appartenenza in base all’andamento del conflitto. «Quelli che ci danno più problemi sono quelli organizzati dalle forze armate federali ed eritree, che in alcuni casi hanno l’obiettivo di tagliare fuori alcune aree, di assediarle e di affamarle». E’ accaduto ad Axum, quando non potevano entrare nemmeno l’ossigeno e i farmaci per l’ospedale né si potevano trasportare ammalati.
In molte aree l’accesso degli operatori umanitari è interdetto l’accesso per infliggere altri danni alla popolazione che non può neppure andare al mercato ad acquistare il cibo.

“L’impatto è devastante. Poi il milione di sfollati che ha lasciato le città dell’ovest per spostarsi nel centro e nell’est della regione, un quarto dei quali si trovano tra Axum ed Adua.

La comunità internazionale potrebbe e dovrebbe fare molto di più e il suo silenzio è vergogna colpevole”.

Nel Tigrai a colpi di grano e vacche
Nella regione del Tigrai, nel nord dell’Etiopia, il cibo usato come arma di guerra. Soldati etiopi ed eritrei stanno bloccando o addirittura rubando gli aiuti alimentari destinati alla popolazione, riducendo alla fame oltre 350mila persone. A raccontare il dramma dei civili, in questo caso è l’Associated Press, ripresa sull’Huff Post da Giulia Belardelli.
«Pulizia etnica», secondo gli Stati Uniti, e «genocidio», secondo la Fondazione Pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre), ma finora per lo più ignorata dalla comunità internazionale
«Così, nella linea sottile tra guerra e guerriglia, i civili sono rimasti intrappolati in condizioni umanitarie drammatiche, impossibilitati a coltivare la terra e allevare gli animali, ostacolati nell’accesso a cure mediche e aiuti alimentari».

Eserciti di scanna contadini
Nelle aree agricole del Tigray dove l’Associated Press è riuscita a entrare, agricoltori, operatori umanitari e funzionari locali hanno confermato che il cibo è stato trasformato in un’arma di guerra. Il team dell’AP ha visto convogli con cibo e assistenza medica respinti dagli ufficiali militari etiopi mentre i combattimenti riprendevano nella città di Hawzen.
I soldati sono anche accusati di aver impedito agli agricoltori di raccogliere o arare, di aver rubato i semi per la semina, di aver ucciso il bestiame e saccheggiato le attrezzature agricole. Più di 2 milioni di tigrini sono già fuggiti; chi è rimasto spesso non può piantare nuovi raccolti né coltivare la terra perché teme per la propria vita.

Guerra etiope contro il Tigrai ribelle
I primi di novembre 2020 l’esercito etiope invade la regione considerata ribelle, e in pochi giorni spodesta l’esercito regionale. La fase d’attacco si svolge in pochi giorni, con il supporto di aviazione, artiglieria pesante, missili: l’esercito etiope riesce a conquistare tutte le più grandi città e le principali arterie del Tigray senza grandi difficoltà.
Il governo locale si nasconde nelle aree rurali e nelle montagne, iniziando una guerriglia con attacchi ai convogli militari. Il TPLF cerca di organizzare una sorta di resistenza forte del sostegno della popolazione locale.
Grazie alla sua presenza pluriennale nella regione, Medici Senza Frontiere è stata una delle poche organizzazioni internazionali a fornire assistenza medica e aiuti umanitari sin dalle prime fasi del conflitto, e ora denuncia quando abbiamo giù letto sopra.

Il conflitto ha aumentato in maniera drammatica i tipici problemi di sostentamento della popolazione con l’agricoltura: le ostilità sono scoppiate nel pieno del periodo di raccolta e oggi la popolazione non può coltivare la terra

Massacri, stupri di gruppo, pulizia etnica
Il peggio di quanto già visto in altre tragedie etnico nazionalistiche. Per il sopravvivere, l’agricoltura non si è fermata del tutto nel Tigrai, ma è diventata un pericoloso atto di resistenza da praticare nei rari momenti in cui i soldati etiopi ed eritrei non si mettono di mezzo. “Se ci vedono arare, ci picchiano”, ha detto alla AP un contadino, “Ariamo solo quando siamo sicuri che non ci siano”. Oltre a impedire l’aratura, i soldati per distruggono il cibo, hanno riferito i testimoni. I soldati eritrei erano noti per contaminare i silos di cibo, a volte mescolando sabbia e terra nel grano. Il saccheggio include tutto – dalle ambulanze, sequestrate per scopi militari – alle attrezzature agricole.

Case e stalle bruciate sono il deserto in cui centinaia di migliaia di tigrini fanno letteralmente la fame, una carestia che rischia di investire in poco tempo oltre due milioni di persone

REMOCONTRO

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