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Etiopia, ‘la stagione degli stupri’

Mekele, Ethiopia, le donne sopravvissute agli abusi sessuali nella regione etiope settentrionale del Tigray di solito fanno fatica a descrivere le loro ferite. Ma quando non possono sedersi e non possono toccarsi il sedere, le infermiere sanno che è un tipo di violenze indicibili hanno subito.

Un pomeriggio è arrivata in clinica una donna di 40 anni stordita, a malapena cosciente, avvolta in asciugamani insanguinati, aveva subito ripetutamente stupro di gruppo in modo anale e vaginale per una settimana da 15 soldati eritrei.

Sanguinava copiosamente dal retto, è collassata in strada nel suo villaggio di Azerber, e un gruppo di sacerdoti l’ha messa su un autobus per Mekele.

La donna è scoppiata in lacrime mentre raccontava il calvario subito per mano delle truppe eritree, che hanno preso il controllo di parti della regione devastata dalla guerra nella vicina Etiopia.

Gli eritrei sodomizzano spesso le loro vittime, secondo il personale infermieristico, una pratica che è profondamente tabù nella religione cristiana ortodossa del Tigray.

Nonostante le affermazioni da parte sia dell’Etiopia che dell’Eritrea che se ne stavano andando, i soldati eritrei sono in realtà più saldamente ancora presenti nel Tigray, dove stanno brutalmente stuprando donne, uccidendo civili, saccheggiando ospedali e bloccando cibo e assistenza medica.

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