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Gli ex Isis tra carnefice e galera, mogli e figli senza dove vivere…

I dannati, ex seguaci del Califfo risparmiati dalla guerra e dalle rese dei conti. Seimila almeno nel nord della Siria, e 72 mila fra donne e bambini: mogli e figli dei combattenti votati al sedicente Califfato islamico di Abu Bakr al Baghdadi.

Siria, campo di prigionia di Al Hol

Gli ex Isis tra carnefice e galera, mogli e figli senza dove vivere
Amedeo Ricucci e Simone Bianchi, gli inviati del Tg1, dal nord della Siria. ‘Gli scarti della guerra all’ISIS li hanno spediti tutti qui’, scrive Amedeo. «72mila fra donne e bambini: mogli e figli dei combattenti votati al sedicente Califfato islamico di Abu Bakr al Baghdadi. 12mila sono le mogli e i figli dei foreign fighters, di cui migliaia di europei». Domande che si pone il reporter che diventano nostre. «Che fine faranno? In Siria non è possibile processarli, ma nessuno stato europeo li rivuole indietro. Le colpe dei loro padri (e mariti) cadranno su di loro? E i diritti umani? A loro non si applicano?». Speriamo che Ricucci ci dia anche qualche notizia sui foreign fighters italiani di cui non si sa più nulla. Vivi, morti, prigionieri? Per una risposta dobbiamo attendere un prossimo Speciale del Tg1 in orario semiclandestino ormai, nelle notti vacanziere dell’estate.

Numeri da paura dell’ex Isis
I numeri totali sui foreign fighters jihadisti dal centro Study of Radicalisation del King’s College di Londra. 41.490 stranieri con l’Isis, 32.809 uomini, 4.671 donne e 4.640 bambini, da 80 paesi del mondo. Gran parte, quasi 19mila (45,4%), da Medio Oriente e Nord Africa; 7.252 (17,5%) Europa dell’est; 5.965 (14,4%) Asia centrale; 5.904 (14,2%) Europa occidentale, in particolare Francia, Germania, Regno unito e Belgio, «solo 135 dall’Italia» (di cui 24 di cittadinanza italiana, secondo l’Ispi); 1.010 (2,4%) Asia orientale; 1.063 (2,5%) Sud est asiatico; 753 (1,8%) Americhe e Australia. Di molti è impossibile conoscere la sorte. La maggior parte sarebbero uccisi in battaglia, mille sarebbero detenuti in Iraq, quasi 7.400 avrebbero fatto ritorno nei paesi di origine. Ma il potere attrattivo jihadista, resiste, avverte il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che parla di 14-18mila i miliziani ancora attivi tra Siria e Iraq, di cui almeno 3mila stranieri.

I 6mila nelle carceri curde
Cambia narratore, Francesco Bussoletti in ‘Enduring freedom’, Analisi Difesa, stesso dramma. Sono circa seimila i miliziani ISIS, prigionieri nei campi delle Forze Democratiche Siriane (SDF) nel Nord Est della Siria tra Hasakah e Deir Ezzor. Lo ha confermato la milizia curdo araba siriana assistita dalla Coalizione a guida statunitense. Circa 5.000 sono membri dello Stato Islamico di origine irachena o siriana. Per loro, sorte quasi certamente segnata. «I restanti, invece, provengono da 54 paesi in tutto il mondo. Le forze arabo-curde continuano a chiedere alle nazioni di origine di riprendere i loro foreign fighters. La maggior parte di queste, però, si rifiutano o prendono tempo mentre i loro cittadini rischiano di essere condannati a morte. L’unica corte che, infatti, sta processando i jihadisti dell’Isis è quella di Baghdad, dove vige ancora la pena capitale».

Chi condanna chi, parvenza di legalità
Non sono solo i fondamentalisti IS locali a essere condannati ma anche quelli stranieri che hanno commesso crimini nello Stato mediorientale. Le SDF curde continuano a trasferire miliziani Isis stranieri prigionieri dalla Siria all’Iraq. «L’ultima estradizione è di pochi giorni fa e riguarda circa un centinaio di jihadisti dello Stato Islamico, tra cui alcuni alti leader», scrive Francesco Bussoletti . Finora sarebbero stati deportati in tutto oltre 500 fondamentalisti, e non solo per il boia, sembra di capire. C’è il timore, in Siria, che i miliziani ex Isis ancora presenti e operativi su quel territorio, possano tentare di liberare i loro compagni attaccando le carceri oppure che i prigionieri tentino sommosse per fuggire. Le forze arabo-curde non sono sufficienti per controllare i prigionieri dell’Isis e allo stesso tempo dare la caccia alle cellule ancora attive tra Raqqa e Deir Ezzor. E allora, meglio i boia iracheni.

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