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I figli dell’Isis: gli Alvin nell’inferno del Califfato che nessuno vuole…

Alvin, 11 anni, madre jihadista uccisa, abbandonato in un campo di prigionieri in Siria, viene liberato grazie alla trasmissione Le Iene. Ma, secondo le stime dell’Unicef, soltanto in Siria, ci sarebbero circa 29 mila bambini stranieri, molti dei quali avrebbero meno di 12 anni.

E’ tornato oggi in Italia il bimbo di 11 anni di origine albanese portato via dall’Italia nel dicembre del 2004 dalla mamma che voleva unirsi all’Isis. Il bimbo è arrivato a Roma stamane con un volo da Beirut.

Alvin libero e le Iene
Alvin Berisha, 11 anni. Sei anni fa il bambino è stato sequestrato e portato via dall’Italia dalla madre, radicalizzata via web e partita per la Siria per unirsi ai combattenti dell’Isis. La donna, di origini albanesi è morta in Siria durante un bombardamento e Alvin sopravviveva nella cosiddetta ’area degli orfani’ del campo di Al Holl, in Siria. Le ricerche a livello internazionale, aiutate dalla trasmissione televisiva ‘Le Iene’, hanno portato a localizzare il bambino nel campo, controllato dai curdi, che ospita oltre 70.000 persone, in prevalenza compagne e figli di combattenti jihadisti in prigione.

Un ‘lieto fine per 29 mila drammi
«Per una storia a “lieto fine” ve ne sono centinaia, migliaia di altre che attendono un “happy end” che non arriva e, forse, non arriverà mai. È la storia dei “figli dell’Isis”». Umberto De Giovannangeli sull’Uffington Post. Alvin ora a Beirut in attesa di riabbracciare il padre a Barzago di Lecco dove lui è nato. «Dietro di sé, Alvin lascia una situazione disperata, dove l’infanzia viene cancellata». Secondo le stime dell’Unicef, soltanto in Siria, ci sarebbero circa 29 mila bambini stranieri, molti dei quali avrebbero meno di 12 anni. Di questi, 20 mila sarebbero iracheni, mentre gli altri 9 mila proverrebbero da circa 60 Paesi.

Figli di nessuno fatti diavolo
A questi minori si aggiungono circa mille bambini, figli di foreign fighter, che si ritiene vivano in Iraq. La maggior parte di questi bambini sono nati nel territorio del Siraq o vi sono giunti insieme ai genitori, unitisi allo Stato islamico. Gli altri, per la maggior parte maschi, sono stati costretti a unirsi ai gruppi armati. «Bambini e ragazzi guardati con diffidenza, tacciati di essere figli dell’Isis o figli del peccato, e per questo abbandonati dalle proprie famiglie, spesso anche le loro madri». «I bambini accusati di affiliazione all’Isis sono detenuti, spesso picchiati e perseguiti, ignorando il loro reale livello di coinvolgimento nel gruppo», denuncia Jo Becker di Human Rights Watch.

‘Un nome e un futuro’
Attraverso una iniziativa inter religiosa cristiano musulmana “Un nome e un futuro”, Andrew Kramer, giornalista del New York Times, ha raccontato le storie di alcuni dei bambini tornati in Cecenia e delle difficoltà delle loro famiglie a riabituarli a una vita normale. Molti, nonostante varie terapie, hanno continuato a mostrare segni dei traumi subiti in Siria e in Iraq. Come Hadizha, una bambina di 8 anni trovata in una strada a Mosul con diverse bruciature sul corpo che è stata riconosciuta dalla nonna grazie a una sua foto pubblicata su Internet ed è poi stata riportata a casa, nel piccolo paese della Cecenia dove è nata. Hadizha con Alvin a dirci cosa pagano i figli per le follie di genitori invasati e irresponsabili.

Video: https://www.youtube.com/watch?v=trnCT0bSEaY&feature=emb_logo

www.remocontro.it

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