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I risultati di porti chiusi e razzismo? Nel Veneto non ci sono più lavoratori per i campi…

Su 18mila lavoratori extra Ue, in Veneto ne sono arrivati solo 831. E gli italiani non sono disposti a fare quei lavori che svolgevano gli immigrati.

Sui 18mila lavoratori extra Ue ammessi in Italia, in Veneto ne potranno arrivare 831: 46 a Belluno, 80 a Padova, 130 a Rovigo (insieme a Ferrara) 40 a Treviso, 20 a Venezia, 500 a Verona e 15 a Vicenza. Pochi, troppo pochi per garantire una quota soddisfacente di lavoratori nei campi. Le categorie non hanno preso bene questo dato, dovuto a un mix letale di porti chiusi, sbarchi diminuiti e autonomia differenziata in vista. Il risultato, immaginabile ma non per chi abbocca alla propaganda populista di Salvini è duplice: da un lato ci sono pochi lavoratori disposti a raccogliere verdura per 6-7 euro l’ora, in turni massacranti di 10 ore; dall’altro quelli disposti a lavorare preferiscono il lavoro nero, come avvertono Cia nazionale e Confagricoltura Veneto.

C’è anche un problema sociale: “Ci sono decine di migliaia di residenti nelle liste di collocamento ma hanno scarsa disponibilità ad effettuare lavoro di manodopera nei nostri campi» spiega Luigi Bassani, direttore di Confagricoltura. In altre parole, gli italiani non sono disposti a fare il lavoro che di solito viene svolto dagli immigrati.
“Non escludo ci siano persone che sfruttano il lavoro: vanno perseguite” dice ancora Bassani, “ma sta di fatto che all’ultima selezione, su 500 persone scelte al Collocamento, alla fine della formazione ce ne sono rimaste 15. Perché molti lavoretti in nero competono le nostre paghe. Se la frutta e la verdura la vogliamo pagare sempre meno, non c’è margine per i lavoratori e gli imprenditori. Bastano 15 centesimi in più al chilo nel prezzo finale a garantire il prodotto locale”.

www.globalist.it

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