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I talibés del Sahel, bambini dimenticati

di Maria Stefania Cataleta

I talibés sono bambini allievi delle scuole coraniche, che vengono spinti dai maestri, i marabouts, a mendicare per le strade delle grandi città dei paesi sopratutto del Sahel. Human Rights Watch riferisce di 50 000 talibés ridotti in schiavitù nel solo Senegal, di cui circa 8 000 presenti soltanto a Dakar. Si tratta di un fenomeno che coinvolge e mette in discussione il sistema educativo di molte nazioni, quali: Guinea Bissau, Mali, Guinea, Niger e Burkina Faso.

Poiché in tutti questi paesi il problema assume più o meno le stesse proporzioni, ne emerge che lo sfruttamento colpisce intere generazioni di minori. Le scuole coraniche che “arruolano” questi bambini sono numerosissime ed il maestro, che in alcuni casi coincide con la figura del capo della confraternita religiosa – vale a dire l’organizzazione che sovrintende le scuole coraniche -, oltre al ruolo di coesione e di contenimento sociale, ha anche quello di consolidamento del potere politico del paese. Pertanto, per guadagnare il consenso, il potere politico è vincolato al potere religioso, che autorizza sovente le guide spirituali all’indicazione di voto agli elettori. Secondo alcuni, l’eccessiva ingerenza religiosa e l’ingresso in politica di alcuni marabutti, i maestri, potrebbe portare ad una crescente “islamizzazione” dei paesi interessati da questo fenomeno e rappresentare un rischio per l’assetto democratico di paesi la cui laicità viene spesso criticata dal potere religioso.


L’inerzia o l’acquiescenza delle autorità laiche – il Senegal è una repubblica democratica e laica – verso gli abusi all’infanzia perpetrati nel contesto delle scuole coraniche potrebbe inserirsi in questa complessa dinamica. Invero, il sistema educativo dei paesi coinvolti dal fenomeno dei talibés prevede delle istituzioni di tipo occidentale e cristiano accanto ad altre, ben più numerose, di stampo islamico. Mentre le prime si rivolgono esclusivamente alle élites dei centri urbani, le istituzioni di stampo musulmano sono destinate alla stragrande maggioranza dei minori appartenenti alle fasce sociali meno agiate, provenienti soprattutto dai centri rurali.

Le scuole coraniche accolgono dunque migliaia di minori, la cui età può variare dai 2-3 anni fino all’adolescenza; costoro vengono allontanati di casa per molti anni – anche dieci anni – per essere destinati allo studio del Corano ad opera dei maestri. La degenerazione del processo di formazione dell’allievo comincia, però, con lo sfruttamento del minore da parte di taluni maestri, attraverso l’applicazione impropria dei sacri dettami dell’Islam, il cui senso viene deviato per perseguire meri interessi particolaristici.
I giovani allievi, lungi dall’essere impegnati nello studio del Corano all’interno delle scuole, invadono le strade di Dakar, Bamako, Niamey, Maradi, poiché costretti dai maestri a mendicare quasi tutto il giorno.

La cieca obbedienza alla volontà del maestro ha una duplice matrice: da un lato, vi è un’impostazione religiosa non distorta dell’Islam sunnita e sufi, che conferisce al maestro della scuola coranica il ruolo di guida spirituale a cui gli adepti devono ispirarsi per percorrere l’unica strada verso Dio; dall’altro, vi è un’impostazione distorta della funzione educativa che vede l’allievo semplicemente asservito, per plagio o per intimidazione, alla volontà del maestro, la cui azione è sorretta da finalità economiche personali o da sete di potere.

Sulla scia di tale seconda impostazione, evidentemente la più diffusa a giudicare dal numero dei talibés soggetti alla mendicità forzata su tutto il territorio nazionale, vengono perpetrati gravi abusi su larga scala, tollerati da alcuni strati della società in base ad una errata interpretazione della funzione educativa della scuola coranica e del ruolo del marabout. Diversamente non si comprenderebbe, infatti, l’assenza di una vera indignazione sociale e di una efficace azione repressiva a livello nazionale.
Alla mendicità forzata ed allo sfruttamento di mano d’opera infantile si aggiungono spesso anche abusi ben più gravi, ampiamente illustrati dai rapporti delle ONGs.

I minori sono costretti a mendicare tutto il giorno al fine di procurarsi, a qualunque costo e con qualunque mezzo, delle somme prestabilite dal maestro ed evitare così di essere sottoposti a punizioni corporali talmente crudeli da causare menomazioni permanenti e, in alcuni casi, la morte del bambino ; ma i rapporti delle ONGs riferiscono anche di abusi sessuali, di sparizioni, di sacrifici rituali e di pratiche di stregoneria volte alla fabbricazione di feticci ed alla compravendita di influenze di stampo esoterico. E’ di tutta evidenza come simili pratiche e condizioni di vita siano tali da determinare la privazione della libertà, infliggere atroci sofferenze fisiche e mentali, e causare la perdita di un certo numero di vite umane.
Quello dello sfruttamento dei talibés è un problema rispetto al quale vi è certamente la mancanza di volontà dei paesi coinvolti di combattere un fenomeno da sempre ben radicato nella cultura di queste società.

Bibliografia

Tratto da M. S. Cataleta, « Les talibés sénégalais et les enfants soldats au Mali » in E. Pelizzari/O. Sylla (dir.), Enfance et sacrifice au Sénégal, Mali, Gabon. Ecoles coraniques. Pratiques d’initiation. Abus et crimes rituels, L’Harmattan Italia, Torino, 2014

E. Pelizzari/O. Sylla (dir.), La transmission du savoir islamique traditionnel au Mali. Entre soufisme tjani et écoles coraniques, L’Harmattan Italia, Torino, 2012.

Rapporto di Human Rights Watch, “Sur le dos des enfants”. Mendicité forcée et autres mauvais traitements à l’encontre des talibés au Sénégal, 2010.

Rapporto di Samusocial Sénégal, “Livre blanc”. Proposition d’actions pour u

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