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Il dolore di una madre è il dolore del mondo…

di Maria Luigia Alimena

Si sarebbe dovuto chiamare Niccolò.
Ero alla 16esima settimana di gravidanza. Andai a visita, un piccolo dolore ai reni insisteva da giorni. La ginecologa fece la visita, si accorse subito che qualcosa non andava. Non c’era più battito.
Niccolò non sarebbe mai nato, o almeno, non è mai nato vivo.

Sul lettino urlai, urlai fino a restare senza voce. Una banalissima visita di routine si era trasformata in una sentenza di morte.

Ma, si può morire senza mai nascere?
Il confine è così sottile che quasi non esiste.

Partorii il mio bambino un giorno dopo.
6 ore di travaglio indotto.
Le chiamano “candelette”.Servono ad indurre il travaglio in casi come il mio, come dinamite fanno esplodere l’anima in mille pezzi. Si, ti esplode l’anima in centomiliardi di piccolissimi pezzetti, quando sai che da lì a breve darai alla luce un bambino che non vedrà mai luce.

Ho pensato al mio bambino quando ho letto della bimba di 5 mesi morta in pronto soccorso. Le urla della giovane madre hanno disturbato i pazienti in attesa.

Il dolore dà sempre fastidio, già! Ci riconduce alla pochezza umana… e quanta pochezza davanti a tanto abominio!

Urlava come una scimmia impazzita, dice qualcuno….
Chissà, se di me qualcuno l’ha mai pensato? Chissà, se a dar fastidio è il pensiero che il dolore abbia un peso diverso, un colore diverso.

Il dolore non ha colore.
Sicuramente ha un sapore. Quello amaro, quello atroce del distacco, della rinuncia.
Ha la profondità del vuoto degli abbracci, dei sorrisi persi, dei sogni mai vissuti.

Il dolore di una madre è il dolore del mondo ed il suo pianto sarà sempre atroce dinanzi alla perdita di ogni figlio. Perché ogni figlio è diverso ma unico. L’ urlo di una madre che perde un figlio quello, è sempre uguale, si chiama disperazione.

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