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Il Paese degli schiavi.

di Sebastiano Fezza

C’è ancora un Paese al mondo dove la vita da schiavi inizia prima di venire al mondo, se la donna è schiava, anche suo figlio è destinato a esserlo, questo Paese si chiama Mauritania.
Pur essendo stata abolita nel 1981 e inserita anni fa nel codice penale come reato, la schiavitù in Mauritania resta difficile da sradicare.

Una pratica disumana che costringe bambini, donne e uomini a lavorare senza libertà, compenso, né istruzione. Affittati o prestati come merce, gli schiavi vengono “ereditati” di generazione in generazione, a farne le spese sono i neri autoctoni che diventano schiavi per discendenza.
Con gli adulti anche i bambini nascono schiavi e la loro vita è segnata fin dalla nascita. Minori e bambini nati in schiavitù vengono regolarmente sfruttati e inviati a lavorare fin dalla più tenera età.
In Mauritania sono circa 600 mila su circa 4 milioni di abitanti, vivono in schiavitù, non hanno diritti, non vengono pagati per il lavoro svolto, non possono uscire dal paese.


I servi e i propri discendenti possono essere comprati e venduti, imprestati o regalati, essendo una semplice proprietà; in particolare, le donne, sfruttate nella sfera domestica, sono costrette a subire ricorrenti violenze fisiche e sessuali da parte dei propri padroni.

Negli ultimi decenni è cresciuta la consapevolezza sociale del fenomeno, le associazioni per la difesa dei diritti umani e contro la schiavitù prendono sempre più piede nel Paese, Biram Dah Abeid leader dell’organizzazione contro la schiavitù.

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