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Il tragico 2020 dei bambini nei paesi in guerra.

Rapimenti cresciuti del 90 per cento, stupri e altre forme di violenza sessuale saliti del 70 per cento, quasi 27 mila gravi violazioni come attacchi alle scuole o agli ospedali, accesso all’assistenza umanitaria sempre più negato e calpestato.

Sono solo alcuni fra i drammatici numeri e fatti contenuti nel rapporto annuale redatto dall’Ufficio del Rappresentante speciale del Segretario generale per i bambini e i conflitti armati presentato alle Nazioni Unite con il titolo Children and armed conflict.

Gli analisti e gli estensori del report tracciano un quadro davvero sconfortante e in sensibile peggioramento rispetto all’anno precedente: stiamo parlando del 2020 rispetto al 2019. Un’infanzia sempre più travolta da guerre e conflitti, ai quali si è aggiunta la pandemia che ha finito per isolare ancor di più le persone e i soggetti vulnerabili.

Vediamo, in rapida carrellata, le ferite aperte.

Tra le violazioni contro i bambini, vanno segnalati il reclutamento e l’utilizzo nei conflitti armati; quindi uccisioni, mutilazioni, stupri e altre forme di violenza sessuale, rapimenti.

Questi ultimi hanno fatto segnare una incredibile escalation nel corso di dodici mesi, con un aumento pari ad addirittura il 90 per cento. Basti pensare al caso della Nigeria, dove sono ormai all’ordine del giorno i rapimenti in massa di studenti prelevati direttamente nelle scuole, senza che le autorità muovano un dito.

Stupri e altre violenze, dal canto loro, sono cresciute del 70 per cento. Ad esserne vittima nella quasi totalità dei casi (il 98 per cento) sono ovviamente le bambine e le ragazze.

Ma si tratta – viene sottolineato nel report – sicuramente solo della punta dell’iceberg. Perché moltissimi casi – di certo la gran maggioranza – non vengono neanche segnalati e quindi sfuggono ad ogni forma di controllo e di rilevazione. Fanno infatti notare gli esperti: “le informazioni non rappresentano l’intera scala delle violazioni contro i bambini, poiché la verifica dipende da molti fattori, incluso l’accesso”.

Secondo il rapporto preparato per le Nazioni Unite, sono quasi 20 mila (per la precisione 19.379, ma come detto si tratta certo di cifre sottostimate) le ragazze o i ragazzi che hanno subito una o più gravi violazioni nel 2020.

In cima alla tragica classifica si collocano Mali, Sudan, Sud Sudan, Nigeria, Repubblica democratica del Congo, Somalia sul fronte africano; e poi Afghanistan, Myanmar, Filippine, Siria gli altri paesi nei quali è stato registrato il maggior numero di violenze.

Qualche drammatico dettaglio in più. Il 60 per cento di tutte le violazioni accertate nel 2020 hanno avuto luogo in quattro paesi: Somalia, Congo, Afghanistan e Siria. Oltre 8.400 bambini sono stati uccisi o mutilati nelle guerre in corso: i più alti numeri di vittime in Afghanistan, Siria, Yemen e Somalia.

Il reclutamento e l’utilizzo di bambini-soldato sono proseguiti e aumentati durante lo scorso anno, con circa 7.000 minori coinvolti, soprattutto in Congo, Somalia, Siria e Myanmar.

Il dossier fa rilevare anche un aumento dell’uso militare delle scuole, chiuse per la pandemia e facilmente occupate dalle truppe regolari, irregolari e gruppi armati d’ogni risma.

Un dramma nel dramma. Il numero dei bambini, oltre tremila (per la precisione 3.234), attualmente detenuti con l’accusa terrorismo o di partecipazione a gruppi armati. Insomma, bimbi-vittime trattati come adulti-criminali.

Sempre secondo il report, il 64 per cento delle violazioni registrate ai danni di bambini e ragazzi sono da attribuire ad “attori non statali”; mentre il 20 per cento è da imputare ad elementi dello Stato o, addirittura, a forze internazionali (quelle, per intendersi, che si muovono per esportare la ‘democrazia’, sic). Non mancano di sottolineare, gli estensori della relazione, che i minori sono un bersaglio molto facile, spesso e volentieri vittime e preda proprio di coloro che, invece, dovrebbero difenderli.

 “Le guerre degli adulti hanno portato via l’infanzia di milioni di ragazze e di ragazzi. Questo è completamente devastante per loro, ma anche per le comunità in cui vivono, e distrugge le possibilità di una pace sostenibile. Non possiamo cancellare il passato ma possiamo lavorare collettivamente per costruire il futuro di questi bambini, il nostro futuro”.

La voce delle voci

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