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L’eterna bramosia per le ricchezze dell’Africa

Dall’oro della Nubia che finanziava i Faraoni neri al grano del Maghreb che sfamava l’Antica Roma, fino alle più recenti mire della Cina e delle altre potenze, per secoli l’Africa ha rappresentato una sorta di Eldorado delle materie prime. Passato, presente e futuro del Continente passano dalle sue risorse: una storia di esportazioni, saccheggi, sfruttamento

di Alessandro Giraudo

Le mani della Cina sul continente

La strategia cinese è molto chiara: il Paese è un enorme Gargantua delle materie prime. Pur figurando fra i principali produttori mondiali delle più importanti materie prime, la Cina appare sistematicamente fra i più grandi importatori di commodities (materie prime). Ed allora Pechino deve articolare la sua politica estera alla ricerca di garanzie degli approvvigionamenti. L’Africa, tutta l’Africa, sta diventando il nuovo Eldorado delle materie prime per la Cina…e non solo. Nel maggio del 2019, Forbes aveva scritto un articolo sull’argomento dal titolo suggestivo: “Cosa vuole la Cina dall’Africa?”. La risposta era concentrata in una sola parola: tutto! Ed infatti gli investimenti cinesi in Africa continuano a procedere a tappe forzate. Cereali, frutta, pesce, cotone e minerali sono il quintetto vincente. Pechino ha una strategia molto chiara. Propone di realizzare degli investimenti nelle infrastrutture e di sviluppare la produzione delle materie prime e delle industrie di semilavorati e prodotti finiti. Inoltre, spesso, concede dei prestiti in yuan che sono sovente impiegati per realizzare acquisti di prodotti cinesi (macchinari, veicoli, tecnologia). Questa strategia è l’altra faccia della medaglia del lancio della Via della seta che si pone l’obiettivo di sviluppare le regioni all’ovest del Paese e di creare una domanda per prodotti cinesi.

L’Africa ha sempre esportato materie prime… ma quali?

In tutta la sua storia, il continente è sempre stato un grande esportatore di materie prime. Basta pensare all’oro che ha finanziato (in parte) l’Impero Romano, il rinascimento europeo, la rivoluzione industriale…e numerose guerre! L’oro arrivava dalla regione di Ashanti ed era scambiato a Timbuctu tramite la famosa formula del commercio silenzioso. I venditori di oro arrivavano con il loro metallo che deponevano in luoghi precisi e si ritiravano; i compratori giungevano con la loro merce (sale ed altri prodotti) e poi abbandonavano il posto. I primi allora ritornavano: se accettavano i termini di scambio, portavano via la merce offerta; se non erano d’accordo la lasciavano e si appartavano in attesa di un incremento dell’offerta. A Timbuctu c’era il grande commercio di sale (dei laghi diventati deserti del nord), dell’oro (della costa del golfo) e degli schiavi (in arrivo dall’est). L’impero del Mali si sviluppò soprattutto grazie all’oro e la vicenda dell’imperatore Mansa Mussa (1280 – 1337) è in questo senso esemplare. Durante il suo pellegrinaggio alla Mecca, l’imperatore (uno degli uomini più ricchi della storia) distribuì probabilmente dieci tonnellate d’oro a chi incontrava (ricchi, potenti ed anche poveri). L’offerta del metallo giallo fu così abbondante che i prezzi scesero contro quelli dell’argento: Mansa Mussa mise così in difficoltà i banchieri italiani e dovette prendere a prestito dell’oro per stabilizzarne i prezzi.

In effetti, i banchieri italiani dell’epoca medioevale speculavano sul rapporto fra i prezzi dell’oro e dell’argento. Riuscivano a comprare dell’argento prodotto nelle miniere spagnole di Rio Tinto a un tasso di 12-13 once d’argento contro un’oncia d’oro e potevano vendere questo argento sui mercati del Mar Nero (Caffa, Trebisonda, per esempio) ai mercanti mongoli, i quali scambiavano l’oro estratto nello Yunnan contro dell’argento, ma a un tasso di 8-9 once di metallo bianco contro un’oncia di metallo giallo. La Cina infatti produceva (e la situazione non è cambiata) poco argento che era usato nelle transazioni commerciali e nel pagamento delle imposte.

L’oro della Nubia (“nub” nel dialetto locale significa appunto “oro”) aveva finanziato i faraoni neri e suggerito la conquista della regione da parte dei faraoni della XVIII dinastia che beneficiò in larga misura di questa disponibilità localizzata al sud della quinta cataratta del Nilo. Diodoro Siculo parla diffusamente della miserabile vita degli schiavi-minatori della regione che soffrivano soprattutto la sete. I responsabili delle miniere dovevano scegliere come utilizzare l’acqua che era molto scarsa: distribuirla fra i minatori e/o utilizzarla per trattare il minerale. E anche l’Impero Romano beneficiò in larga misura dell’oro egiziano delle miniere della Nubia, di quello trovato nel Tesoro ufficiale del Paese e di quello cercato nelle tombe dei faraoni saccheggiate. Ma non bisogna dimenticare l’oro di Sofala, il grande porto nel sud-est del continente, sviluppato dai Portoghesi fra l’inizio del XV secolo e il XVIII secolo. L’oro proveniente essenzialmente dall’attuale Africa del Sud attirò il commercio europeo-arabo-indiano e finanziò, in parte, lo sviluppo del bacino indiano che disponeva di poco oro (ed era, con la Cina, la vera spugna dell’argento mondiale).

Africa granaio del Mediterraneo

Ma l’Africa è stato anche il grande granaio del Mediterraneo. Grazie ai Fenici, il grano del Maghreb aveva nutrito le popolazioni del Mediterraneo orientale e, soprattutto, il grano dell’Egitto aveva partecipato a sfamare le popolazioni dell’Impero Romano (più di 60 milioni di abitanti al momento della sua massima espansione). La famosa flotta alessandrina, dopo la conquista romana dell’Egitto (avvenuta nel 30 a. C. da Augusto, dopo la morte tragica di Cleopatra e di Antonio), trasportava con 800 viaggi all’anno numerose tonnellate di grano a Pozzuoli, un porto che disponeva di grandi magazzini oltre ad un pescaggio importante. Da questo porto il grano era spedito ad Ostia e, in seguito, verso la capitale, dove più di 300 fornai (essenzialmente greci) producevano il pane quotidiano; un’altra quota del grano veniva invece acquistata dall’annona per la distribuzione ai poveri (duecentomila beneficiari… panem et circenses) e un’altra quantità era stoccata per garantire l’approvvigionamento regolare e evitare le carestie.  Non bisogna dimenticare il cotone egiziano e soprattutto i mercati egiziani delle spezie che attiravano mercanti greci, romani, ebrei ed in seguito arabi, genovesi e veneziani.

Logistica dei trasporti di minerali

Per molto tempo, la produzione mineraria dell’Africa è rimasta concentrata sulle coste, in alcune regioni sub-sahariane (ferro) ed in certe terre al centro del continente molto ricche di rame. L’esperienza coloniale portoghese ha privilegiato soprattutto l’oro ed il commercio degli schiavi. Inoltre, le difficoltà di penetrare all’interno del continente hanno sempre scoraggiato qualsiasi investimento, prospezione e produzione. Solo a partire dal XIX secolo, una vera e propria corsa alle risorse minerarie è stata scatenata dall’ondata coloniale dei paesi europei. Questo movimento è stato largamente favorito dalla costruzione di infrastrutture ferroviarie e portuali. Solo nel caso delle miniere di oro, di platinoidi e di diamanti il costo e la logistica dei trasporti ha giocato un ruolo secondario, mentre nel caso dei minerali classici (metalli di base e ferrosi) le quantità da trasportare sono enormi. È evidente che il trasporto dei minerali (si tratta di volumi importanti perché pochi centri di trasformazione/raffinazione sono stati costruiti prima della Seconda Guerra Mondiale) è un’operazione che richiede una logistica molto costosa e ben strutturata…Basti pensare alle esportazioni di minerali dalla RDC che dispone solo di un piccolo porto da pesca sull’oceano Atlantico e deve esportare la totalità via Dar es Salaam sull’oceano Indiano, attraversando paesi che la RDC non controlla. La Nigeria (stagno e carbone) figura con la RDC nella lista dei principali paesi minerari. Naturalmente la disponibilità di petrolio e gas del continente sono importanti, ma gli investimenti sono arrivati soprattutto dopo la crisi energetica del 1973, favoriti da un balzo dei prezzi del petrolio.

Evidentemente la ricerca di minerali tecnologici (terre rare, in particolare) ha concentrato l’interesse degli investitori e delle imprese minerarie in Africa, soprattutto nel centro del continente: “un vero scandalo geologico, come l’Afghanistan”, affermano gli esperti dell’USGS (Servizio Mineralogico degli USA). Se l’Africa è destinata a divenire il nuovo Eldorado del mondo, vengono a galla numerosi problemi: gestione e controllo delle risorse, finanziamenti, corruzione, sfruttamento umano, nuovi equilibri politici. Questi compongono la trama e l’ordito della storia del continente per i prossimi 50 anni… 

*Alessandro Giraudo, autore dell’articolo è tra i docenti di SILENT MATTERS: IL PRIMO CORSO IN ITALIA DEDICATO ALLE MATERIE PRIME”. Problemi geopolitici e opportunità di business, organizzato dal Centro Studi AMIStaDeS e in partenza il 21 giugno 2021, che approfondisce equilibri e problematiche legate al possesso, estrazione, commercio delle materie prime a livello internazionale

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