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Libia, migranti e bambini soldato arruolati col ricatto nelle milizie…

Denuncia da brivido dall’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati: migranti prigionieri in Libia arruolati col ricatto dalle milizie. E l’Unicef denuncia: vengono arruolati anche i bambini. I mercanti reclutano le loro vittime per entrambe le parti. Se muoiono non risultano perdite.

Libia feroce e denuncia da brivido
«Lo scontro in Libia si fa sempre più duro e entrambe le parti in conflitto non esitano ad arruolare, con il ricatto, i migranti bloccati nel Paese. Anche bambini». Nello Scavo, reporter di Avvenire che quelle terre martoriate conosce e frequenta, cerca di raccontarci l’orrore con una certa compostezza anche di linguaggio, anche se l’indignazione filtra tra le virgole.

«Adulti o mocciosi non fa differenza. L’importante è che siano migranti e che sappiano premere il grilletto». Che se anche muoiono sono ‘perdite zero’.

«Perché anche i ragazzini in Libia sono carne da cannone da gettare in battaglia. Lo denuncia Henrietta Fore, direttore esecutivo dell’Unicef che chiede “a tutte le parti in conflitto, e a coloro che hanno influenza su di loro, di proteggere i bambini, di porre fine al loro reclutamento”. In una dichiarazione, l’agenzia delle Nazioni Unite per la tutela dei minori menziona alcuni report su bambini mutilati, uccisi e anche reclutati per combattere».

Arruolamento forzato dei prigionieri
Accusa analoga dell’Acnur/Unhcr, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati che si dichiara ‘preoccupata’ per l’arruolamento forzato dei prigionieri. «Abbiamo le prove», assicura Vincent Cochetel, inviato dell’alto commissariato per i rifugiati nel Mediterraneo Centrale. Prove ottenute «attraverso migranti che si trovano nei centri di detenzione». Kapç di infausta memoria di ben altri campi di detenzione e di sterminio, e mercenari e carcerieri sudanesi che stanno offrendo ai migranti catturati ad esempio in mare dalla loro guardia costiera, un’alternativa alla detenzione.

Ricatto: «Restare imprigionati per un periodo indefinito oppure combattere». Ma al momento, l’Onu sul terreno non è in grado di fornire una stima sul numero dei ‘migranti-soldato’.

3 mila prigionieri da macello
Chi accetta, spiega l’inviato Acnur )e raccdonta Nello Scavo), «riceve un’uniforme, un’arma e viene subito spinto nel mezzo della guerriglia urbana. Le informazioni ottenute riguardano in particolare profughi sudanesi, probabilmente perché parlano l’arabo e dunque possono essere sfruttati specialmente dalle milizie pro-Haftar, alcune delle quali provenienti proprio dal Sudan e dalla regione del Darfur».

Analoghe modalità da parte dei clan che sostengono il governo di Tripoli: «Entrambe le parti in conflitto sono coinvolte».

«In questi giorni il mercato degli schiavi da mandare a morire lavora a pieno regime. I vari gruppi hanno necessità di soldati anche poco addestrati – spiega una fonte di un’agenzia di sicurezza privata a Tripoli – per controllare i quartieri come fa la mafia italiana, e prepararsi alla battaglia casa per casa. Inoltre, quando qualcuno viene ucciso, nessuna delle parti ammette le perdite».

Esseri umani traffico di guerra
«Le accuse espresse in queste ore dalle agenzie umanitarie dell’Onu confermano il contenuto dell’ultimo rapporto degli investigatori della missione delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil). Nel dossier, già acquisito dalla procura della Corte penale internazionale dell’Aja, viene ricostruita l’intera filiera dell’approvvigionamento di combattenti, le cui rotte sono sovrapponibili a quelle del traffico di esseri umani».

«Non a caso il principale grossista di soldati a perdere è Nasser Bin Jreid, contrabbandiere di uomini ed ex ufficiale gheddafiano. Noto per i suoi legami con le milizie di Sudan e Ciad, è rimasto in ottimi rapporti con i comandanti delle contrapposte fazioni libiche. Secondo il rapporto, Bin Jreid ‘continua a reclutare singoli combattenti sudanesi e ciadiani per tutte le parti’».

www.remocontro.it

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