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Lo stupro si accompagna sempre a una percezione di morte: qualcosa muore…

Riflessioni sull’accorata lettera scritta dalla ragazza violentata da tre persone a San Giorgio a Cremano.

di Daniela Amenta

Sono molto colpita dalla lettera di questa ragazza, 24 anni, stuprata in un ascensore della Circumvesuviana. Le parole che usa, come le usa. La reiterazione dell’aggettivo “sporco”, il distacco dal proprio corpo, il prima e il dopo, e nel dopo il corpo che non si riconosce più.

Lo stupro si accompagna sempre a una percezione di morte. Qualcosa muore. E muore per sempre. “Il futuro diviene una sorta di clessidra“. Dovremmo cullarla questa ragazza, portarla al mare. Aiutarla a lavare via lo sporco accumulato dentro quell’ascensore e fuori da quell’ascensore mentre un Tribunale libera due dei suoi tre carnefici, i goodfellas. Tre contro una. “Ma era consenziente“, dicono.Tre contro una in un ascensore. Uno stupro verificato in ospedale. Che tempo infame viviamo. In questa specie di clessidra che va al contrario.

E dopo che il corpo era diventato scarto e oggetto, ho provato una sorta di distacco da esso. Il mio corpo, sede della mia anima, così sporco. Mi sono seduta e non l’ho avvertito più. Ho cominciato ad odiarlo e poi a provare una profonda compassione per il mio essere. Compassione che ancora oggi mi accompagna, unita ad una sensazione di rabbia impotente, unita al rammarico, allo sdegno, allo sporco, al rifiuto e poi all’accettazione di un corpo che fatico a riconoscere perché calpestato nella sua purezza. Il futuro diviene una sorta di clessidra. Consumato il corpo e la mente dal tempo odierno, alla ricerca di una vita semplice”…

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