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Maradona, il ‘rebelde’ che voleva rovesciare il mondo come un pallone

Diego Armando Maradona, il più grande calciatore di tutti i tempi e un’icona eternamente «rebelde», che ha regalato felicità e riscatto a un’umanità dolente. Le battaglie contro le difese avversarie e quelle contro le mafie del calcio, ad esempio.
La passione politica. Forse un po’ comunista, annota Roberto Zanini, sul Manifesto.
Di sicuro fu castrista, chavista, peronista di sinistra, nazionalista anti-Thatcher. Riceve Estela Carlotto, la prima Madredi Plaza de Mayo, incontra Chavez, caccia Macrì

Il Maradona geopolitico, campione vincente e uomo dolente
«Tra giocarla e perderla – la partita, la vita – c’è quel labirinto di contraddizioni chiamato Diego, il genio del campo e il folle fuori, il cacciatore e il cacciato di un’industria mediatica che lo ha adorato e crocifisso a giorni alterni. Forse il solo cardine se lo portava inciso sul braccio destro: Ernesto Che Guevara, il ritratto scattato da Alberto Korda e trafugato da Giangiacomo Feltrinelli».

Il Che Guevara di Diego
«Nessuno mai mi ha mai lasciato un’ispirazione più forte della sua». «Comunista, Maradona? –la domanda di Zanini-. In un certo senso resistenziale, certamente. E castrista, chavista, peronista di sinistra, nazionalista argentino vendicatore delle Malvinas, con il gol della «mano de dios» e il «gol del siglo» sbattuti in faccia alla signora Thatcher che tempo prima era salpata per affondare l’incrociatore General Belgrano e con esso la tenuta politica dell’atroce dittatura nata con Videla».

La pelota patriottica
«Gli anni della pelota patriottica, l’amicizia con quel lestofante di Carlos Menem, il presidente coi basettoni che impose la parità fissa peso-dollaro e mandò a catafascio una nazione- amicizia impolitica tra personaggi eccessivi».
«Si farà ampiamente perdonare, in patria e fuori. Ad esempio ricevendo Estela Carlotto, la prima Madre di Plaza de Mayo, in un ritiro mondiale dell’Argentina: «Tutti noi vogliamo verità e giustizia», disse, non aggiunse «e ritorno con vida» come le Madri perché le madri erano nel frattempo diventate nonne, e trentamila desaparecidos non sarebbero tornati mai più, né con vida né senza».

Stati Uniti, ‘libera volpe il libero pollaio’
A Mar del Plata nel 2005, dopo il default argentino, quando di presentò all’enorme protesta per la ‘IV Cumbre de Las Americas’ che fece saltare lo scellerato Alca, l’accordo di libero commercio delle Americhe che era – avrebbe detto Guevara – «libera volpe in libero pollaio». Si presentò con una maglietta «Stop Bush» – e la esse di Bush era una esse runica.

Il Che sul braccio ma Fidel nel cuore
«È il vecchio Castro che nel 2000 lo invita a Cuba per disintossicarsi dopo fastelli di tentativi andati male. Castro che morirà il 25 novembre, proprio come Diego. Cuba produce medici in grande quantità e qualità, al Centro de salud La Pradera anche medici specializzati in dipendenze».
Il campione dalla umanità debole
«All’Avana Maradona riesce a staccarsi dalla cocaina che gli ha avvelenato naso e cervello negli anni al Napoli, anni di speranza e di riscatto meridionale come pure di amicizie col clan Giuliano, anni in cui pippava a tutto spiano».

Gli incontri e le amicizie
«Con Hugo Chavez in Venezuela, con Evo Morales in Bolivia, con Rafael Correa in Ecuador, con Lula in Brasile – tutti pericolosi caudillos secondo il Dipartimento di stato americano. Il 26 dicembre del 2019 era andato in visita alla Casa Rosada, la sede del presidente dell’Argentina, il peronista di sinistra Alberto Fernandez.
E su sua richiesta si era affacciato dal celebre balcone, gridando contro l’ex presidente di destra Macri: «Nunca mas, che se ne vada in Thailandia!» e salutando la folla. Come il capo di stato che in effetti era. Uno stato che abita tra il cuore e lo stomaco di chiunque abbia mai giocato con una palla».

“Gli strani tempi in cui, chi veniva dal popolo e da una vita stentata, cresceva di sinistra”

REMOCONTRO

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