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Myanmar, si piangono le vittime della repressione di ieri. Polizia spara sul corteo di un funerale

114 morti, anche bambini. Oggi il monito dei capi militari di 12 Paesi, anche l’Italia, in un raro comunicato.

Una domenica di lutto, ma anche di nuove proteste e violenze. Il Myanmar piange i morti della dura repressione di ieri, 114 persone tra cui bambini. Oggi i funerali. E a Bago, dove un corteo seguiva la bara di una delle vittime, la polizia ha aperto il fuoco.

“Mentre cantavamo la canzone della rivoluzione, le forze di sicurezza sono arrivate e hanno sparato, noi siamo scappati, ha raccontato una donna di nome Aye al Guardian. Due persone sono state invece uccise, durante le proteste, in diversi incidenti in altre città. A Monywa, ha perso la vita Thinzar Hein, infermiera 21enne: stava lavorando come volontaria ed era in soccorso a feriti quando è stata raggiunta alla testa dai colpi delle forze armate. Dell’altra vittima, un uomo, non si hanno invece dettagli.

Il numero totale dei morti dall’inizio delle proteste ha superato le 420 vittime. Un raro comunicato, firmato dai capi militari di 12 Paesi tra cui l’Italia, lancia oggi un monito e una condanna. “Come capi della Difesa, condanniamo l’uso di forza letale contro persone disarmate da parte delle forze armate birmane e dei servizi di sicurezza associati”, si legge nel comunicato congiunto, firmato dai capi di stato maggiore di Usa, Canada, Regno Unito, Germania, Italia, Grecia, Danimarca, Paesi Bassi, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda. “Un esercito professionale segue le regole di condotta internazionale e la sua responsabilità è proteggere – non colpire – il popolo che serve”, prosegue la nota, “esortiamo le forze armate del Myanmar a lavorare per ripristinare il rispetto e la credibilità persa con le loro azioni di fronte al popolo birmano”.

I manifestanti sfidano nuovamente le truppe, non solo a Monywa, ma anche a Yangon, Myinchan e Hapakant. Intanto, si susseguono i racconti dell’orrore: la scorsa notte, i soldati hanno sparato a un uomo nella città di Aungmyaythazan, nella regione di Mandalay, e poi lo hanno gettato nelle barricate di pneumatici in fiamme. A causa dell’incendio nessuno è riuscito ad avvicinarsi alla vittima, Aye Ko, un quarantenne che era sposato e padre di 4 figli. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, si è detto”profondamente scioccato” dalle violenze. Il segretario di Stato Antony Blinken ha riferito che gli Usa sono “sconvolti dal bagno di sangue”.

Rimangono invece in silenzio la Russia e la Cina, facendo capire che sarà difficile una chiara condanna della giunta militare da parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dove hanno il potere di veto. Il vice ministro della Difesa russo Alexander Fomin ha partecipato ieri sera, insieme a rappresentanti della Cina e dell’India, a un sontuoso banchetto offerto dal capo delle forze armate e della giunta militare birmana, il generale Min Aung Hlaing. I festeggiamenti, accompagnati da un concerto e da uno spettacolo di droni hanno assunto la parvenza di una tragica beffa agli occhi dell’opposizione, dopo la giornata di sangue. Su alcuni post su Twitter le immagini della festa sono accostate a quelle delle vittime.

RaiNews

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