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Nel mondo la libertà perde terreno. Sono più le dittature che le democrazie

di Marco Volpati

In giro per il pianeta sono più le dittature che le democrazie. Se poi teniamo conto degli abitanti, con la Cina che ha un quinto degli esseri umani viventi, il calcolo è anche più sbilanciato.

Finora ci eravamo affidati alla convinzione che funzionasse una logica evolutiva della storia: con qualche battuta d’arresto, man mano la libertà si sarebbe estesa. Caposaldo di questa idea l’autoscioglimento incruento dell’Unione Sovietica, con la caduta del Muro di Berlino e l’adesione all’Unione Europea di quasi tutti i vecchi “satelliti” di Mosca: dopo Budapest nel ’56 e Praga nel ’68, finalmente tra ‘l’89 e il ’91 la liberaldemocrazia di stampo occidentale aveva vinto.

Ma poi? In Cina, proprio nel 1989, la grande fiammata di Tien An Men con gli studenti a occupare la piazza innalzando simboli espliciti come una Statua della Libertà, aveva fatto pensare all’inizio di un cammino di liberalizzazione. Passati 30 e più anni, laggiù la liberaldemocrazia non solo non avanza, ma arretra: Hong Kong ha perso le garanzie che aveva ai tempi del dominio britannico.

In Turchia non va meglio: le proteste giovanili di Gezi Park sono solo un ricordo (2013); tre anni dopo spunta il preteso golpe sventato da Erdogan con migliaia di arresti. E da allora la società civile sembra annichilita. E in Iran, represse le manifestazioni del 2009, tutto appare troncato e sopito.

Nei regimi autoritari chi si oppone, o soltanto dissente e critica, è classificato come terrorista: nemico della nazione e del popolo. Vale anche nell’Egitto di Regeni e di Zaki, e nella Bielorussia di Protasevič. Germi di repressione crescono anche dentro la UE, in Ungheria e Polonia. Intanto la Russia di Putin è lontanissima dalle promesse dei tempi di Eltsin, e i dissidenti alla Navalny rischiano la libertà personale e anche la vita, proprio come quando a Mosca comandava Brežnev.

L’unico sussulto registrato in Myanmar contro il colpo di stato appare spento e soffocato nel sangue.

Quanti oggi sono disposti a credere che le ragioni della libertà possano recuperare terreno? Che “le magnifiche sorti e progressive” abbiano dalla loro la spinta della storia?

Riflettiamo: dopo il Congresso di Vienna, che restaurò in Europa le monarchie assolute, ci vollero meno di 10 anni perché le idee liberali tornassero a correre; e già si imposero tra il 1830 e il 1848. E sì che non smettiamo di raccontarci che l’epoca della globalizzazione è più incalzante, frenetica, zeppa di cambiamenti veloci. Al contrario, assistiamo impotenti a troppe repliche dispotiche, perché si possa immaginare che il ciclo autoritario mondiale stia per concludersi, e lasci il campo ad un’alba di speranza.

affaritaliani

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