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Non solo Silvia: gli ostaggi dimenticati nel Sahel

Non solo Silvia attorno alla cui liberazione già di addensano polemiche e cattiverie insensate sulla sua conversione. Silvia a casa felice, speriamo, ma grazie a Internazionale, scopriamo (li avevamo rimossi dalla memoria) che altri due italiani sono nella mani di terroristi islamici della stessa parte di Africa dove sta sviluppandosi lo jihadismo con cui dovremmo imparare fare i conti presto.

Pier Luigi Maccalli e Nicola Chiacchio

«Un video di 23 secondi, un segnale di vita di due ostaggi occidentali nelle mani dei gruppi jihadisti attivi nel Sahel», racconta Andrea de Georgio su Internazionale. 23 secondi, ilo tempo di poche parole, pronunciate in francese: «Mi chiamo Pier Luigi Maccalli, di nazionalità italiana, oggi è il 24 marzo 2020». «Mi chiamo Nicola Chiacchio…».

Padre Gigi

Pier Luigi Maccalli, “padre Gigi”, è un missionario cremonese 59enne della Società delle missioni africane (Sma) che era in Niger da undici anni e prima in Costa d’Avorio. Il sacerdote, settembre 2018, è stato rapito dalla sua parrocchia a Bomoanga, a ridosso del Burkina Faso, zona con una forte presenza di combattenti dello Stato islamico nel grande Sahara (Sigs). «Da quel momento, secondo fonti dei servizi di sicurezza di Mali, Niger e Burkina Faso, è stato più volte spostato fino ad arrivare, passando dal Burkina Faso, nel nord del Mali», pr4ecisa De Georgio.

L’avventuroso Chiacchio

Più problematica nel senso della solidarietà attorno al suo dramma personale, la vicenda di Nicola Chiacchio, che nel video appare come compagno di prigionia di padre Maccalli. Da fonti ‘ufficiose’ anonime, si scopre che è scomparso i primi di febbraio del 2019 nel nord del Mali, sulla pista tra Douentza e Timbuctù. Nicola, partito mesi prima dall’Italia per un lungo viaggio solitario in bicicletta, fermato dalle autorità maliane a Douentza avrebbe deciso di continuare nonostante la situazione di forte insicurezza in cui si trova l’intera zona. Il ciclista, deciso a raggiungere la leggendaria «città dei 333 santi», «imbocca la terribile pista di sabbia di 200 chilometri Douentza-Bambara Maudé-Timbuctù. Gli ultimi contatti risalgono al 4 febbraio, poi il silenzio. Un silenzio interrotto solo ieri dal video».

Da Agadez, nord del Niger

Il filmato, giudicato attendibile da diversi analisti, è stato consegnato pochi giorni ad Aïr Info, un piccolo sito d’informazione di Agadez, nel nord del Niger. Il brevissimo filmato, oltre a provare che i due ostaggi sono vivi, non spiega altro. . Prima di tutto chi è dietro al loro rapimento. «Il documento proviene dal nord del Mali, dove sono attivi gruppi jihadisti legati a due sigle principali: il Gruppo di sostegno dell’islam e dei musulmani (Gsim) e il Sigs». Terroristi-banditi ad alleanze contrapposte: una con Al Qaeda, l’altra con il gruppo Stato islamico. «Nel vasto e incontrollato territorio del Sahel centrale – feudo di entrambi i gruppi armati è la regione del Liptako-Gourma, chiamata “delle tre frontiere” perché a cavallo fra Mali, Niger e Burkina Faso».

Lavoro nell’ombra

Pista più probabile, l’ex Al Qaeda nel Maghreb islamico, lo stesso gruppo che aveva rapito, nel 2011-2012, Rossella Urru e Maria Grazia Mariani, insieme ad altre decine di occidentali.

«Fonti della Farnesina – riporta il sito di Rainews24 – confermano che l’unità di crisi, in stretta collaborazione con la presidenza del consiglio e l’autorità giudiziaria, segue con il massimo impegno fin dall’inizio i due casi tenendo regolari contatti coi rispettivi familiari. (…)». ‘Riserbo mediatico’, chiede la Farnesina, ma neppure dimenticare.

Altri rapiti non solo italiani

Altri due ostaggi occidentali scomparsi in Burkina Faso, il 15 dicembre 2018. Luca Tacchetto, trentenne di Padova, ed Edith Blais, sua compagna di viaggio canadese, che si sarebbero nel mese scorso. Fuga d’avventura, con i carcerieri che si allontanano per dormire, loro si fabbricano scarpe di fortuna con degli stracci e scappano nottetempo tra le dune del deserto. Riscatto pagato e finta fuga a coprire quello che il Canada, ad esempio,nega di fare che più o meno nascostamente tutti fanno?

Anche l’Italia, ricordiamocelo, nega ufficialmente di pagare per la liberazioni di nostri cittadini rapiti.

Gli stranieri dimenticati

Restano nelle mani di sequestratori altri cittadini stranieri dimenticati dai mezzi d’informazione e dalla opinione pubblica: la suora colombiana Gloria Cecilia Narváez Argoti, rapita nel febbraio 2017 in Mali; Sophie Pétronin, cooperante francese sequestrata la vigilia di Natale 2016 nello stesso paese; la missionaria svizzera della chiesa metodista Béatrice Stockly scomparsa, sempre in Mali, i primi di gennaio del 2016; l’operatore umanitario statunitense Jeffery Ray Woodke, sequestrato in Niger nel 2016; il cooperante tedesco Jörg Lange, catturato nello stesso paese nell’aprile 2018; il medico australiano Arthur Kenneth Elliott, scomparso nel 2016 in Burkina Faso. Solo per citarne alcuni.

L’industria del sequestro

«Al di là di tale fitta rete di misteri e notizie sfocate, appare chiaro quanto, ieri come oggi, quella dei sequestri resti una delle frecce più affilate nella faretra dei gruppi terroristici attivi nel Sahel». Non solo riscatti milionari esteri ma importanti scambi di prigionieri in casa. «Attraverso questa assodata tecnica, infatti, negli anni queste sigle sono riuscite a ottenere la scarcerazione di molti leader detenuti nelle prigioni di Bamako, oltre che denaro frusciante per finanziare la propria “guerra santa”».

REMOCONTRO

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