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Olivia ha 7 anni, un unico sogno, giocare a calcio

(foto via Il Rompipallone.it)

di Lorenzo Tosa

Olivia ha 7 anni e una passione smisurata per il calcio da quando era piccolissima.
Olivia con la palla al piede ci sa fare, così decide di presentarsi alla scuola calcio sotto casa, a Trastevere. Ma, quando prova a iscriversi, trova davanti a sé un muro. Iscrizione negata. La motivazione è folle, lunare, sessista nel modo più bieco: “Il calcio” le dicono, “non è una cosa per femmine”. Stare con soli maschietti per lei, unica bambina, sarebbe “diseducativo”. Diseducativo, dicono proprio così.

E così Olivia è costretta a rinunciare, a piegarsi a tabù e pregiudizi che pretendono di catalogare e uniformare generi e ruoli che esistono solo nella testa di adulti repressi.
Lei però non demorde e, ogni sera, si attacca alle reti del campo a guardare i maschi giocare, sognando solo di poter correre e divertirsi insieme a loro.
La sua storia diventa in breve virale, arriva alle calciatrici della Nazionale, che rispondono e la invitano direttamente a Coverciano, centro tecnico federale dove le azzurre si allenano.

“Anche a noi dicevano che lo sport che noi amiamo non è un gioco da ragazze” le scrive Alia Guagni. “Ma io non gli ho creduto.”
Non crederci mai, Olivia.

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