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Palermo, storia di Abou morto a 15 anni. “Sulla nave della quarantena era già grave”

Migranti soccorsi nel Canale di Sicilia

La denuncia della tutrice legale: “Visitato dopo dieci giorni”. Trasferito in ospedale, è entrato in coma.

di Salvo Palazzolo

Abou già non parlava più quando è stato trasferito con i suoi compagni dalla Open Arms, che l’aveva salvato nel Canale di Sicilia, alla nave quarantena “Allegra”. Era il 18 settembre. Quel quindicenne proveniente dalla Costa D’Avorio era denutrito, aveva i segni di molte torture sul corpo. “Solo il 28 un medico se n’è accorto, ma era già troppo tardi”, dice la sociologa Alessandra Puccio, che il tribunale dei minori ha nominato tutrice del ragazzo. “E da quel momento è stato un precipitarsi di eventi, fino alla sua morte, avvenuta oggi all’ospedale Ingrassia”.

Il 29 settembre, Abou era stato visitato nuovamente a bordo della nave quarantena. Il medico aveva poi disposto il trasferimento d’urgenza in ospedale. Il primo ottobre, il ragazzo è arrivato all’ospedale Cervello di Palermo: “Psicologi e mediatori culturali hanno provato a comunicare con lui – racconta la tutrice – ma continuava a non parlare”. Il giorno dopo, Abou è entrato in coma. E’ stato trasferito alla Rianimazione dell’Ingrassia, perché al Cervello non c’era posto. Oggi pomeriggio, intorno alle 15,30, Abou è morto.

“Ho il rimpianto di non aver potuto parlare con lui – dice ancora Alessandra Puccio – quando sono arrivato era già intubato”. Ora, la tutrice sta cercando di ricostruire la storia di Abou. “Voglio andare a fondo in questa vicenda, perché quello che è accaduto non si verifichi più. Mi hanno detto che per giorni c’è stato solo un medico per i 600 migranti della nave quarantena, oggi ne è arrivato un altro”.

Una vicenda drammatica quella di Abou”, ribadisce Rosario Lio, coordinatore dei tutori volontari. Fra Palermo, Agrigento e Trapani sono 300. “C’è una quotidianità altrettanto difficile che ci troviamo ad affrontare. I tutori sono l’unico punto di riferimento per i minori che arrivano in Italia, un punto di riferimento con cui parlare innanzitutto, per provare a costruire un percorso di studio o di lavoro”. Chissà qual era il sogno di Abou, chissà qual è la sua storia. Il silenzio in cui era precipitato nessuno l’ha compreso.

la Repubblica

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