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Se un uomo mangia un gatto è perché muore di fame, non perché è un ‘selvaggio’ migrante

L’uomo che cucina un gatto per strada

È un circolo vizioso: se non si dà alle persone la possibilità di guadagnare soldi in modo onesto, il crimine diventa l’unica via per mangiare. Mangiare anche i gatti, quando non si hanno soldi per avere altro.

di Giuseppe Cassarà

Un uomo che uccide e cucina un gatto per strada è sintomo di un degrado e di una povertà su cui la politica dovrebbe rispondere, anziché concentrarsi sul video che in queste ore sta suscitando l’ennesima polemica politica.
La signora che rimane scandalizzata alla vista del felino arrostito passa dall’indignazione al razzismo nel giro di poche battute (“Dovete tornarvene al vostro paese” urla, come se quel singolo uomo fosse un simbolo per tutti i migranti in Italia) ma non può essere condannata per le sue opinioni.

Ma Susanna Ceccardi, che si è fiondata sulla polemica con la bava alla bocca, lei è davvero esecrabile. E, nessuna paura a dirlo, lo è molto di più di quell’uomo che sta mangiando un gatto.
La povertà delle persone richiedenti asilo, sbattute per strada dai decreti sicurezza di Salvini, senza una fissa dimora, senza un soldo in tasca se non quelli guadagnati con l’elemosina o attività illegali, dato che nessuno dà loro un lavoro, tutto questo degrado è un sintomo, non una tradizione.

È il classico circolo vizioso: se non si dà alle persone la possibilità di guadagnare soldi in modo onesto, il crimine diventa l’unica via per mangiare. Mangiare anche i gatti, quando non si hanno soldi per avere altro. Questo è ciò cui dovrebbe rispondere la politica, anziché strepitare istericamente. Ma la Lega ha prima causato il problema e adesso raccoglie i frutti della sua politica discriminatoria.

Questo dovrebbero avere ben chiaro in mente gli ‘indignati’ d’Italia: se quell’uomo mangia un gatto è perché è stata una politica razzista a togliergli la possibilità di fare altrimenti.

Globalist

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