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Sea Watch forza il blocco: entriamo in porto a Lampedusa, i naufraghi sono allo stremo…

L’imbarcazione della ong aveva tratto in salvo 42 persone al largo della Libia il 12 giugno. Attracco previsto intorno alle 20,30. Salvini attacca la comandante: «Sbruffoncella». Meloni: «Affondate la nave»

di Francesca Paci

«Adesso basta, arriviamo». C’è il sole a picco su Lampedusa quando nel primissimo pomeriggio di un mercoledì carico di tensione la comandante della Sea Watch 3 Carola Rackete annuncia di aver puntato il timone verso la costa e di essere già in acque italiane, ora è davanti all’isola, con lo sbarco previsto per le 20.30. Sul molo sono schierati i carabinieri.

Dopo due settimane esatte in mezzo al mare con a bordo 42 migranti, tra cui 3 minori, la nave della Ong tedesca decide di violare il blocco e portare in salvo i naufraghi soccorsi al largo della Libia il 12 giugno scorso. E immediata arriva la reazione di Salvini che, personalmente ingaggiato da giorni nel braccio di ferro con «la comandante sbruffoncella», annuncia che schiererà la forza pubblica perché «il diritto alla difesa dei nostri confini è sacra». E poi: «Il governo olandese non può far finta di nulla: una nave battente bandiera dei Paesi Bassi ha ignorato i divieti e gli altolà e sta facendo rotta a Lampedusa. È una provocazione e un atto ostile: avevo già scritto al mio omologo olandese, e ora sono soddisfatto che l’Ambasciatore d’Italia all’Aja stia facendo un passo formale presso il governo dei Paesi Bassi. L’Italia merita rispetto: ci aspettiamo che l’Olanda si faccia carico degli immigrati a bordo».

Due motovedette, una della Guardia di Finanza e una della Guardia Costiera sono già partite alla volta dell’imbarcazione che si vede in avvicinamento. È possibile che provino a fermarla, che la scortino in porto come già successo a Siracusa, che trasbordino i migranti per sequestrare poi la Sea Watch e l’equipaggio. Si aspetta, da quando ieri la Corte europea per i diritti dell’uomo ha bocciato la richiesta di misure eccezionali avanzata dalla capitana e dai suoi passeggeri scegliendo pilatescamente di tirarsene fuori è cominciato il conto alla rovescia.

«Non avevamo scelta» ripetono i portavoce. La speranza, forse, è che almeno i 42 migranti allo stremo, dopo la fuga disperata dalle carceri libiche e l’infinito limbo mediterraneo, abbiano indietro la vita. Loro, l’equipaggio e la Ong, sanno cosa rischiano, 50 mila euro di multa più la denuncia per tutti e l’addio alla nave. Fa lo stesso. Il dado è tratto: «Entriamo. Non per provocazione, per necessità, per responsabilità. Li portiamo in salvo».

Cosa succederà nelle prossime ore è difficile dirlo. Al di là delle sparate politiche, dalle opposizioni sul piede di guerra sperando di inchiodare il governo alle sue relative contraddizioni a Giorgia Meloni che sul fronte opposto chiede di «affondare la Sea Watch», il ministro dell’interno tira dritto, quasi non avesse atteso altro. Spiega che a breve chiamerà il premier Conte e il ministro degli esteri Moavero perché chiedano conto all’Olanda (la nave batte bandiera dei Paesi Bassi) e alla Germania (la ong è tedesca). Di fatto però, come osserva dal molo di Lampedusa Riccardo Magi di Più Europa, l’esito è molto incerto perché «ci troviamo alla prima applicazione del decreto sicurezza bis, in teoria Salvini ha il potere di impedire l’ingresso ma in linea con il diritto internazionale: che vuol dire? La decisione della Sea Watch 3 era probabilmente l’unica possibile a meno di non voler attendere che i migranti si sentissero male uno a uno e fossero, uno a uno, evacuati». Arrivano. Il tempo è finito.

Il possibile destino dell’imbarcazioneL’ingresso della Sea Watch nelle acque italiane fa scattare per la prima volta contro una ong le misure contenute nel decreto sicurezza bis fortemente voluto dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, proprio per contrastare in modo più efficace l’attività delle navi umanitarie. Sono i primi due articoli, in particolare, ad introdurre alcune novità. Il primo assegna al ministero dell’Interno il potere di «limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale, per motivi di ordine e sicurezza pubblica» oppure quando si concretizzano le condizioni previste dalla Convenzione Onu sul diritto del mare riguardo al «passaggio non inoffensivo» di una nave perché fa «il carico o lo scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero». Nel caso della Sea Watch, l’alt all’ingresso nelle acque italiane è stato intimato da una motovedetta della Guardia di finanza.

Il possibile destino dell’imbarcazione

Se il divieto di ingresso non viene rispettato – come oggi per la Sea Watch – scatta l’articolo 2 del dl che applica al comandante e, «ove possibile, all’armatore e al proprietario della nave», la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 10.000 a 50.000 euro. In caso di reiterazione commessa con la stessa nave, si applica anche «la sanzione accessoria della confisca della nave, procedendo immediatamente a sequestro cautelare». All’irrogazione delle sanzioni, «accertate dagli organi addetti al controllo, provvede il prefetto territorialmente competente». Cioè quello di Agrigento per la Sea Watch.

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