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Seid Visin suicida per razzismo

di Maria Luigia Alimena

Visin Seid era arrivato in Italia per essere amato.
Lo è stato.
Lo scrive lui stesso nella sua lettera di addio.
Tutti lo amavano, la sua famiglia, gli amici.
Poi tutto è diventato normalità.
La normalità che noi tutti viviamo e di cui si nutre la realtà.
La normalità del diverso.
Osservato.
Deriso.
Respinto.

Aveva un futuro da calciatore, poi il suo sogno è naufragato. Ha trovato un lavoro normale, ma gli sguardi della gente lo hanno ucciso mille volte e mille ancora.
Lo scrive: soprattutto la gente anziana rifiutava di essere servita da me.

Gli sguardi, quel linguaggio universale e inconsapevole attraverso cui trasmettiamo emozioni, paure sono stata un’arma.
In quegli sguardi Seid ha trovato il rifiuto.
Ha scoperto di essere diverso pur essendo uguale a qualsiasi nostro figlio, desideroso di vivere, semplicemente vivere.

Gli schiaffi degli sguardi, schifati per il colore della sua pelle, sono stati più forti delle sue belle speranze.

Scrive Seid, dando il suo addio”…non voglio elemosinare commiserazione o pena, ma solo ricordare a me stesso che il disagio e la sofferenza che sto vivendo io sono una goccia d’acqua in confronto all’oceano di sofferenza che sta vivendo chi preferisce morire anziché condurre un’esistenza nella miseria e nell’inferno. Quelle persone che rischiano la vita, e tanti l’hanno già persa, solo per annusare, per assaggiare il sapore di quella che noi chiamiamo semplicemente “Vita”“….

Ci siamo persi tutti l’occasione di annusare una giovane vita capace di arricchire la nostra misera umanità, di assaporare con lui le sue belle speranze…
quante occasioni vogliamo perdere ancora?!

La Lettera

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