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Sud Sudan. Un neonato speranza di un amore misto contro la «fatwa» della sharia

Bibi ha poco più di una settimana. La mamma, sudanese, è musulmana, il papà, sudsudanese, è cristiano. Sono fuggiti a Juba perché a Khartum li hanno minacciati di morte per la loro unione mista

di Antonella Napoli

Bibi, ha poco più di una settimana, pesa circa 2 chili e mezzo, e dorme tranquillo tra le braccia di mamma Eshan e sotto lo sguardo amorevole di papà Deng. Pochi frame di un video arrivato via Whatsapp che annuncia la sua nascita. Musulmana lei non ancora ventenne, di Omdurman, Sudan. Cristiano di Aweil lui, 25enne sud sudanese che per amore ha sfidato le minacce di morte del padre della sua fidanzata che si opponeva alla loro unione.

Il momento più felice della loro vita, dopo il giorno del matrimonio il 23 febbraio del 2020, è stato interrotto dal tentativo di alcuni sconosciuti di irrompere nella loro casa. Ad avvisarli i vicini che spaventati li hanno raggiunti all’ospedale di Juba dove venerdì scorso Eshan ha dato alla luce, in modo naturale, il bambino e dove è rimasta qualche giorno per problemi post-parto. La famiglia è ora rifugiata in una struttura di accoglienza temporanea e li assiste suor Elena Balatti, della comunità comboniana arrivata a loro grazie a padre Christian Carlassare, vescovo di Rumbek, al quale era stata segnalata la vicenda che Avvenire ha raccontato lo scorso agosto.

La giovane coppia è perseguitata dal padre di lei, Ahmed Adam Abdullah, il quale dopo aver lanciato un minaccioso appello alla figlia a tornare a casa, attraverso un video pubblicato sul suo profilo Facebook, si è rivolto alle autorità religiose del suo Paese per chiedere la sua e l’incriminazione del genero. Il Consiglio musulmano locale, al quale si è appellata la famiglia di Eshan affermando in un primo momento che era stata rapita, ha condannato il matrimonio ritenendolo nullo.

La società conservatrice sudanese, ancora soggetta e condizionata alla sharia, è estremamente severa in merito alle unioni miste. Sposando un uomo del Sudan del Sud, per di più cristiano, Eshan ha trasgredito, secondo il padre, i precetti di Maometto che prevedono per la scelta dello sposo l’avvallo del “tutore” – che la legge islamica assegna a ogni figlia femmina – senza il quale il matrimonio non è consentito.

Per non aver rinunciato al loro amore ed essere fuggiti dal Sudan, dove si erano incontrati e innamorati, ora vivono con una fatwa pendente sulla loro famiglia: una vera e propria condanna a morte.

«Ho paura per mio figlio, temo che possa essere ucciso in nome dell’islam. Dopo la sua nascita, mio suocero ha pubblicato un nuovo video in cui parla del loro profeta Maometto e dice che stabilisce dei confini che non vanno superati e chi non rispetta la legge islamica, come sua figlia, deve morire. È molto determinato, pronto a farsi giustizia da solo. Ho paura che lui e i suoi sostenitori, ha parenti che fanno parte di Boko Haram, ci raggiungano e ci facciano del male. Siamo in un Paese in cui la situazione della sicurezza è instabile e la corruzione è ovunque. Per questo l’unico modo per salvarci è lasciare il Sud Sudan», afferma disperato Deng Anei Awen.

Le minacce pubbliche di morte del padre di Eshan non sono state considerate rilevanti dalle autorità di Juba alle quali la coppia si è rivolta. L’impressione è che si tratti soprattutto della volontà di evitare nuove dispute con Khartum. I rapporti tra i Paesi, da quando il Sudan cristiano dopo vent’anni di guerra civile si è separato dal nord islamico nel 2011 con un referendum, restano tesi nonostante la caduta del regime di Omar Hassan al-Bashir.

Avvenire

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