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Treviso, la storia della maestra colpita da tubercolosi (sopita per anni): 10 bambini infettati…

Dieci bambini infettati, altri quaranta positivi al test di Mantoux, un centinaio in fase di valutazione. Un focolaio epidemico unico in Italia per le sue proporzioni che ha sconvolto la comunità di Motta di Livenza.

di Valentina Calzavara

La maestra (indicata dall’Asl come “Caso Indice”) vive in una villetta a due piani dentro a un ordinato quartiere residenziale a Motta di Livenza, comune vicino a Treviso. Grandi siepi curate circondano le abitazioni. Il prato all’inglese e i fiori sui davanzali. Le finestre sono tutte aperte. Caso Indice, la maestra colpita per prima dalla tubercolosi, appare sulla porta. Il suo viso è avvolto completamente da una grande mascherina bianca, naso e bocca coperti. Dalla inconsueta bardatura sanitaria si intravedono solo gli occhi scuri e i tratti mediterranei.

È appena rientrata da una visita medica, accompagnata dai familiari, seguendo il rigido protocollo di sicurezza imposto dall’Unità sanitaria. «Ora non ho nulla da commentare, parlo solo con i miei medici» spiega gentile, prima di chiudere la porta dietro di sé. Negli occhi, tutto il peso di una inconsapevole responsabilità e di un clamore che nessuno avrebbe potuto immaginare. Il pensiero, quotidiano, ai suoi bambini della scuola elementare del paese, al timore suscitato, alla rabbia insinuata tra le famiglie per il lungo ritardo con il quale è stato diffuso l’allarme.

Da trenta giorni Caso Indice si trova al centro di una vicenda che sembra uscita da una cronaca dell’Ottocento. Dieci bambini infettati, altri quaranta positivi al test di Mantoux, un centinaio in fase di valutazione. Un focolaio epidemico unico in Italia per le sue proporzioni che ha sconvolto la comunità di Motta di Livenza. L’arrivo del massimo esperto di tubercolosi in Italia atteso nei prossimi giorni. Impotenza e senso di colpa. Dopo due settimane di ricovero in gravi condizioni, la donna è stata dimessa e “obbligata” a stare a casa sotto terapia farmacologica.

Deve rispettare un rigido protocollo: per alimentarsi, lavarsi, parlare con le persone. Giusto ieri, l’Usl 2 ha comunicato che altri due alunni sono stati contagiati dalla Tbc. Lei, in tutta questa storia, è stata definita il Caso Indice dai sanitari. Vive dentro a questa gabbia insieme a figli e marito, sottoposti per primi alla profilassi ma risultati negativi al contagio. Nel quartiere, tutti la conoscono. «La vedevamo sempre più magra, sempre più magra, sempre più magra, ma nessuno poteva immaginare che fosse tubercolosi» racconta una vicina, in ansia.

«Era deperita a vista d’occhio negli ultimi tempi, ma non le ho chiesto cosa avesse, sono cose troppo delicate». La maestra, che si affaccia sulla soglia di casa con la grande mascherina bianca ha modi assolutamente delicati. In controluce appare come una sagoma indefinita. Dopo il ricovero in ospedale, è tornata dai suoi affetti. Sono loro ad occuparsi della routine: fare la spesa, recuperare le lettere dal postino, portare fuori la spazzatura. Il marito che fa la spola in centro va a salutare gli amici al Bar Commercio.

«Ci raccontava che sua moglie aveva poca voglia di mangiare e non stava tanto bene». «All’inizio pareva fosse solo una bronchite legata al fumo». Forse, in questa storia, c’entra la paura di sapere. Il pensiero di avere un brutto male. I sintomi sempre più gravi, l’incapacità di affrontare una diagnosi, qualunque essa fosse. Sono passati parecchi mesi, lei ha sempre reagito lavorando, tutte le mattine puntuale dai suoi alunni, impegnata a seguire come scrutatrice le ultime elezioni.

E ora in profilassi sono finiti anche gli scrutatori. La mente occupata, senza mai dare troppo peso al fisico debilitato. Nessuno sapeva, nessuno poteva immaginare che fosse tubercolosi. Fino al 5 marzo, quando a un bimbo della sua classe viene diagnosticata la tbc, in poco tempo gli accertamenti dell’Usl 2 hanno portato a lei. Tutto a quel punto è stato chiaro, incredibile e inaspettato.

Una tubercolosi in stadio avanzato. Gli esperti l’hanno definita una tisi dell’Ottocento. Mai visto niente di simile in tanti anni di lavoro sul campo. Gli esiti dei test erano lampanti: evidenziavano un livello di contagiosità che al giorno d’oggi è difficile riscontrare nel mondo Occidentale, un’infezione così estesa, quasi da romanzo. Fanno eco la strana malattia della Principessa Sissi, il mal sottile della Signora delle Camelie. All’epoca non esistevano i farmaci, ma solo il sole e l’aria buona, oggi per fortuna la scienza ha voce in capitolo. La maestra di Motta dovrà seguire per mesi una terapia che sta facendo effetto. La mascherina sempre sul volto. «Non ho nulla da dichiarare, se permette ora chiudo la porta, che qui c’è corrente d’aria e non mi fa bene»…

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