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Non solo Covid-19. Dieci Paesi africani invasi dalle locuste: 25 milioni a rischio fame.

La Fao ha chiesto aiuti per 140 milioni di dollari per bloccare l’invasione degli insetti, che stanno divorando le coltivazioni in vari stati del continente, specialmente nella zona del Corno d’Africa

10 paesi africani sono stati colpiti da un’invasione di locuste, la peggiore da decenni nel continente. Un problema enorme per l’Africa: secondo le stime della Fao, l’invasione di questi insetti, che al loro passaggio divorano la vegetazione, potrebbe portare alla fame 25 milioni di persone.

La migrazione delle locuste è un fenomeno “estremamente allarmante nel Corno d’Africa”, ha fatto sapere l’organizzazione in una nota. I paesi più in crisi sarebbero Kenya, Somalia ed Etiopia, dove si stanno riproducendo in gran numero. La Fao ha richiesto un intervento economico di 140 milioni di dollari per affrontare la situazione, che dovrebbe avere il suo picco tra aprile e giugno.

La crisi climatica, a causa dell’innalzamento delle temperature, ha favorito la riproduzione delle locuste. Una serie di fenomeni hanno reso il continente africano ideale per gli insetti, specialmente l’aumento del numero dei cicloni in varie zone del mondo: secondo gli esperti, in primis è stato il ciclone Mekunu del 2018 – in Yemen – a creare le condizioni migliori per la riproduzione di questi insetti. Grazie alle intense piogge, le locuste si sono diffuse nel deserto tra Yemen, Arabia Saudita e Oman. Un secondo ciclone, poi, ha permesso di farle crescere ancora di più. “Di solito un ciclone porta condizioni favorevoli alla riproduzione delle locuste per circa sei mesi. Poi l’habitat si secca e non è più adatto alla riproduzione, per cui le locuste in parte muoiono e in parte migrano”, ha detto al Sole 24 Ore Keith Gressman, esperto di migrazioni delle locuste per la Fao.

Storicamente, il Golfo Persico ha pochissimi cicloni. Ma nell’ultimo decennio c’è stato un aumento significativo, grazie al cosiddetto Niño indiano, un fenomeno climatico nuovo che porta la parte occidentale dell’Oceano Indiano ad avere temperature superficiali alternativamente molto più calde e molto più fredde della parte orientale dello stesso oceano, accentuando così sia le ondate di siccità nel Sud Est asiatico e in Australia, sia le piogge cicloniche sull’Africa orientale”, ha scritto Elena Comelli sul Sole 24 ore.

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