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Gli invisibili tra gli invisibili

di Maria Luigia Alimena

Sono le donne braccianti agricole, non importa se straniere o italiane.
Sono 58mila le donne schiave in agricoltura. Schiave, si.

Quella che pensiamo come una pratica ormai vinta, è in realtà esistente e dai mille volti.
Si chiama prostituzione, ma si chiama anche lavoro agricolo.

Un tempo infinito sotto al sole per pochi spiccioli al giorno.
Da contratto 50 euro lorde, ma nella realtà, il lavoro grigio vede tariffe di molto inferiori e quando sei straniera ed irregolare, le tariffe si assottigliano fino a diventare pari a 2 euro l’ora, al netto delle spese del cibo, se te lo offrono, si intende. Al netto della dignità, perché devi tacere quando quella mano che ti offre sopravvivenza si insinua sulle tue carni.
Se vuoi lavorare la prima regola che impari è subire in silenzio.

Julia è rumena.
Al termine della lunga giornata di lavoro nelle campagne della provincia di Ragusa torna ad essere madre.
La sera, dopo aver messo a letto i suoi bambini, lui arriva armato per ottenere il suo piacere. Non vorrebbe Julia, ma il suo padrone ancor prima di avere un nome, si chiama bisogno.
La pistola sul letto per ricordarle che la sua vita appartiene a lui.

Elena è italiana, non ha studiato, si arrangia a vivere.
Le hanno insegnato che il lavoro è sudore, nessuno le ha detto che rifiutate un caporale le avrebbe impedito di trovare lavoro anche altrove.

Andreina subisce anche suo marito.
Il suo primo padrone è lui. Ha acconsentito al piacere del loro caporale. Deve sottostare altrimenti sono botte da parte di entrambi.

Paola ha 49 anni, è pugliese.
Era il 2015, il suo cuore non ha retto ai 160 km quotidiani per raggiungere il campo e alle ore di lavoro sotto il sole per poter mettere in tavola il pane ai suoi figli.
Paola è morta di fatica.

Molte non hanno nome, sono un numero, come nei campi di concentramento, private della loro identità perché non interessa a nessuno chi sono. Sono schiave.

Aborti irregolari, abusi taciuti. L’omertà è la legalizzazione di un sistema che non si limita a sfruttarle, ma sottrae loro la possibilità di vivere, di evolvere. Restano intrappolate tra il bisogno della sopravvivenza e l’impossibilità di fuggire.

Essere donne ha sempre un costo più alto.

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