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Afghanistan, la testimonianza di Msf: “Sono venuti nel nostro ospedale per uccidere le madri”

L’Ong: l’attacco alla maternità di Kabul di martedì è stato un massacro preordinato di donne incinte e partorienti. Undici sono rimaste uccise, cinque ferite.

L’attacco di Kabul di tre giorni fa “è stato un massacro sistematico delle madri”: la denuncia è di Frederic Bonnot, capo dei programmi di Medici senza Frontiere in Afghanistan. L’organizzazione che gestisce la maternità dell’ospedale Barchi, nel quartiere hazara, non ha dubbi: “Hanno attraversato le stanze sparando alle donne nei loro letti, sistematicamente”.

Le immagini di Msf sono impressionanti: i muri sono crivellati di proiettili, i pavimenti pieni di sangue, le auto bruciate, i vetri rotti. Ma più ancora è sconvolgente il progetto di massacro: secondo l’Ong, al momento dell’attacco nella maternità c’erano 26 donne. Dieci sono riuscite a rifugiarsi nelle stanze di sicurezza, insieme al personale medico. Ma delle altre sedici nessuna è stata risparmiata: undici sono state uccise, e fra loro anche tre partorienti, trucidate in sala parto mentre ancora non avevano dato alla luce i loro bambini. Altre cinque sono state ferite.

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Due neonati sono stati uccisi, altri due feriti. Nel mirino era anche il personale sanitario: un’ostetrica di Msf è stata uccisa, tre operatori feriti. “Durante l’attacco, dalla stanza di sicurezza abbiamo sentito spari ed esplosioni”, racconta Frederic Bonnot. “Sapevamo che quest’area aveva subito attentati in passato, ma nessuno credeva che avrebbero attaccato una maternità. Sono venuti per uccidere le madri”.

Nella maternità del quartiere hazara, Msf impegna 102 lavoratori locali, più un piccolo gruppo di internazionali. L’organizzazione è presente in Afghanistan dal 1980, con una interruzione di cinque anni dal 2004, dopo l’uccisione di cinque membri dello staff nella provincia di Badghis. Nel 2019, Medici senza Frontiere ha portato avanti sette progetti in sei province del Paese, con oltre centomila visite ambulatoriali, sessantamila parti e quasi diecimila interventi chirurgici.

la Repubblica

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