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Bielorussia, le tariffe dell’orrore per i migranti: 10 dollari, una bottiglietta d’acqua, 100 solo per chiamare un taxi, 700 per corrompere i militari di frontiera

Un migliaio assiepati dentro un vecchio magazzino. Dormono per terra su pezzi di cartone. “Voglio morire qui”, dice Omar, un ragazzo iracheno di 23 anni che per tre volte cacciato dalle guardie polacche

di Mauro Mondello

Minsk Dieci dollari per una bottiglietta d’acqua fresca; 20 dollari per due tazze di acqua calda; 25 dollari per caricare per metà il telefono e 50 per la carica completa.

E ancora: 10 dollari per poter accedere a una connessione internet per un paio di minuti, il tempo di un messaggio; 20 dollari per tre panini; 30 per un pacchetto di sigarette; 100 dollari per poter chiamare un taxi e da 400 a 700 dollari per corrompere uno dei militari di frontiera e avere il permesso di rientrare a Minsk. Sono le cifre del tariffario dell’orrore cui devono sottostare i migranti bloccati in Bielorussia, numeri confermati da numerose testimonianze di profughi bloccati da settimane nella struttura di accoglienza approntata dal regime bielorusso nel villaggio di Bruzgi, a pochi metri dal checkpoint di frontiera con la cittadina polacca di Kuznica.

Sono in 1.000 assiepati dentro un vecchio magazzino. Molti di loro, secondo le descrizioni dei giornalisti che hanno avuto la possibilità di visitare il centro, dormono per terra, rannicchiati dentro i sacchi a pelo, per materasso un pezzo di cartone. “Voglio morire qui – dice al telefono Omar, un ragazzo iracheno di 23 anni che per tre volte è stato riportato in Bielorussia dalle guardie di frontiera polacche – Alla fine di ottobre pensavo di avercela finalmente fatta. Sono rimasto a dormire al freddo per quattro giorni, quasi morivo, nella foresta di Bia?owie?a in Polonia. Non potevo chiamare aiuto, perché sarebbero arrivate le guardie polacche, e allora continuavo a camminare, pensando che prima o poi da qualche parte sarei arrivato. E invece la polizia mi ha trovato di nuovo, e mi hanno riportato in Bielorussia. Indietro non posso tornare. La mia famiglia ha speso tutto quello che aveva per comprarmi il biglietto, come faccio ad andare da mio padre e dirgli che mi dispiace, che ho fallito. Non ho scelta: devo riuscire a raggiungere la Germania. Se non ce la faccio, mi va bene pure morire qui”.

Oltre 40.000 respingimenti. Secondo le dichiarazioni ufficiali rilasciate dalla Straz Graniczna, la guardia di frontiera polacca, nelle prime due settimane di dicembre sono circa 900 i migranti che hanno cercato di attraversare illegalmente la frontiera fra Polonia e Bielorussia e che sono stati riportati indietro. In totale, dall’inizio della crisi, salgono così a oltre 40.000 i respingimenti eseguiti dalle autorità polacche prima che i migranti potessero presentare richiesta di asilo. Proprio questa settimana le autorità di Varsavia hanno deciso di rinforzare la linea di confine, aggiungendo blocchi di filo spinato sia in cima alle barriere che corrono intorno ai posti di frontiera ufficiali che in numerose zone di attraversamento più interne, come ad esempio lungo la riva del fiume Bug.

Il lavoro dei cooperanti di Grupa Granica. “Qualche giorno fa – racconta un volontario di Grupa Granica, una delle Ong più attive sul territorio polacco per il soccorso ai rifugiati che cercano di attraversare la frontiera dalla Bielorussia – abbiamo aiutato un gruppo di rifugiati siriani. Erano sette uomini e una donna, tutti congelati, con i vestiti bagnati, in condizioni drammatiche: la donna era già al primo stadio di ipotermia quando li abbiamo trovati, mentre uno degli uomini stava passando dalla prima fase alla seconda: aveva i brividi ed era disorientato. Siamo riusciti a scaldarli, li abbiamo fatti mangiare, le loro condizioni si sono parzialmente stabilizzate – continua il ragazzo di Grupa Granica – volevamo chiamare un’ambulanza, ma, come sempre, non ce lo hanno permesso: avevano paura di essere riportati indietro, già per sei volte erano stati respinti. Purtroppo, proprio il giorno dopo averli aiutati, abbiamo saputo che sono stati nuovamente deportati in Bielorussia.” 

Decine di morti assiderati: un disastro umanitario. I migranti-profughi sopravvivono dunque nel timore di essere respinti indietro e nell’incubo delle temperature rigidissime nell’area di confine tra Polonia e Bielorussia (sceso sotto i -10° in questi giorni) una foresta immensa lontana chilometri da qualsiasi centro abitato. Si è calcolato che almeno 16 persone non sono sopravvissute a tutto questo, almeno stando al numero di corpi rinvenuti. Ma secondo alcune Ong polacche sarebbero almeno il doppio.

L’ultimo caso è quello di un uomo con passaporto nigeriano, morto per assideramento e il cui corpo senza vita, sommerso di neve, è stato ritrovato accanto al suo zaino, nei boschi intorno al villaggio di Olchowka, a una ventina di minuti di macchina dalla città di Hajnówka.”Non siamo più di fronte a un problema politico – spiega Lotta, impegnata come medico di primo soccorso per Grupa Granica – ma a un disastro umanitario. Le organizzazioni non governative, le associazioni mediche, i media, non hanno accesso alla zona di confine e qualsiasi forma di aiuto viene considerata un crimine.

Molte persone sono già morte alle porte dell’Europa e se non facciamo qualcosa molte altre moriranno. Aiutare non può essere considerato contro la legge, è un atto moralmente necessario, e per questo continueremo a farlo.”

la Repubblica

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