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Bolsonaro come Trump, lancia i suoi scherani all’assalto del Parlamento

di Ennio Remondino

Lo avevano preannunciato e alla fine lo hanno fatto, seguendo le orme delle «truppe trumpiane». I seguaci di Jair Bolsonaro, l’ex presidente di estrema destra brasiliano sconfitto da Inácio Lula da Silva alle presidenziali, dopo giorni di «assedio» ai palazzi istituzionali di Brasilia, domenica pomeriggio hanno sfondato un blocco delle forze di sicurezza -questione chiave da chiarire-, e hanno «invaso» il Palazzo presidenziale di Planalto, il Congresso e la sede del Tribunale supremo, postando video sui social e compiendo vari atti vandalici.
Un’occupazione chiaramente ispirata dall’assalto al Campidoglio statunitense ad opera di decine di manifestanti pro-Trump, nel gennaio di due anni fa. Finalmente il massiccio intervento della polizia, con scontri, la liberazione degli edifici simbolo della democrazia brasiliana e centinaia di arresti.

Bolsonaro come Trump
Un vero e proprio assalto molto ben coordinato, prima mimetizzato da protesta popolare solo rumorose che poi si è svelata violenta e devastatrice nei confronti delle massime istituzioni democratiche del Paese, il Congresso e la sede del Tribunale supremo. All’interno del Planalto, capolavoro modernista dell’architetto Oscar Niemeyer, i dimostranti hanno distrutto arredi, tavoli e sedie, facendo irruzione anche nell’ufficio del presidente Lula che ieri si trovava nello Stato di San Paolo, dove ha organizzato una riunione d’emergenza con i ministri prima di rientrare nella capitale.

Vandali contro la democrazia
I «terroristi», come li ha subito definiti la stampa brasiliana e ora le stesse istituzioni, dopo aver semidistrutto il primo piano del Parlamento, si sono asserragliati nel secondo. Durante l’attacco dei bolsonaristi alla Corte Suprema inoltre è stata anche rubata una copia della Costituzione del 1988, la cui sorte finale non è certa. Quasi un simbolo per la sorte della stessa democrazia in Brasile. Soltanto dopo alcune ore, le forze di sicurezza sono riuscite a riprendere il controllo dei tre palazzi, utilizzando i gas lacrimogeni e procedendo ad almeno 400 arresti, secondo le denunce a caldo.

Lula, la polizia militare e la risposta politica
Durissimo il primo commento di Lula che in un intervento tv alla nazione ha denunciato i «fanatici fascisti», affermando che «tutti i responsabili di atti terroristici saranno identificati e puniti». Il presidente ha accusato la polizia militare di «incompetenza o malafede». Poi, su twitter, ha scritto che i vandali erano stati «incoraggiati dai discorsi di Bolsonaro».

I presunti brogli
Vestite con la maglia verdeoro della squadra di calcio brasiliana, diventata un simbolo della destra nazionalista, da giorni centinaia di persone manifestavano davanti al quartier generale dell’esercito a Brasilia, denunciando presunti brogli elettorali mai dimostrati. La stessa regia statunitense di Trump. Nel primo pomeriggio i «bolsonaristi» organizzatisi sono radunati sulla Praça dos Três Poderes, la piazza dei tre poteri, cuore della capitale. Un gruppo è riuscito a superare lo sbarramento di sicurezza, salire la grande scalinata del Congresso, occupare le balconate e infine entrare nell’edificio. Altri hanno assaltato il Planalto e la sede del Tribunale Supremo.

La tracce di una trama
Con un decreto d’urgenza Lula ha esonerato il governatore del Distretto federale della capitale, Ibaneis Rocha, che molti accusano di essere vicino a Bolsonaro e che in seguito si è scusato pubblicamente, e ha dato pieni poteri d’intervento alle forze federali. Esonero poi ufficializzato nella notte dal presidente della Corte suprema federale. Oltre 2.500 militari ieri sera erano pronti a intervenire, ma il governo era restio a mobilitare le forze armate per ristabilire l’ordine nella città mentre anche a San Paolo si segnalavano manifestazioni dell’opposizione.

I bolsonaristi dunque non si arrendono ma anzi, mostrano di muoversi in maniera coordinata, obbedendo ad una regia. Dopo i blocchi stradali, con camion e trattori, che avevano paralizzato l’intero Brasile all’indomani del voto, il gesto clamoroso di ieri.

Bolsonaro al sicuro in Florida
Jair Bolsonaro, che ha lasciato il Brasile 48 ore prima dell’insediamento di Lula, giustifica, quasi e rivendicare: «Le manifestazioni pacifiche, secondo la legge, fanno parte della democrazia». Poi concede che i saccheggi e le distruzioni solo illegali. Il neo ministro della Giustizia, Flavio Dino, ha convinto tutti i governatori a firmare una condanna unanime degli assalti. «È stato un atto di golpismo. La presa di potere di cui parlano i dimostranti può avvenire solo nel 2026, con una nuova elezione», ha detto.

Le condanna Usa, Ue e Onu
Anche la comunità internazionale, da Washington a Bruxelles, ha subito espresso solidarietà a Lula. E nella notte la premier italiana Giorgia Meloni ha twittato: «Le immagini dell’irruzione nelle sedi istituzionali sono inaccettabili e incompatibili con qualsiasi forma di dissenso democratico». Condanna che è arrivata anche dall’Onu con una nota che esprime «preoccupazione per gli eventi» di Brasilia.

Da oggi il tempo e la necessità di capire meglio la reale portata dei fatti di Brasilia e sugli obiettivi reali del movimento ‘bolsonarista’ che ha ormai reso esplicite le sue intensioni eversive violente. Golpismo in versione populista con aspetti anche caricaturali, già visti a Capitol Hill due anni fa, ma da non sottovalutare. Per Bolsonaro un sempre più improbabile ritornbo in patria, salvo esercito alla sua spalle.

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