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Carola Rackete, gli insulti dei sostenitori di Salvini dopo l’intervista a Piazzapulita…

di Lorenzo Tosa

“Ascella pezzata non avrai i nostri porti”. “Fatele fare una ceretta, è rimasta al Medioevo: baffi e ascelle”. “Sembra la figlia di Fantozzi. Ma lei vestiva meglio e i capelli almeno li lavava”. “Sparati, vacca”. “Lesbicona marcia”. “Brutta come il cancello del cimitero”. “Ma siamo sicuri del sesso?”. “Fai un favore al Pianeta: muori”.

Quest’elenco da brividi potrebbe andare avanti all’infinito. Centinaia, migliaia di commenti scritti tra le 22.30 di ieri e questa mattina da un plotone di bestie schiumanti, (uomini e donne senza distinzioni) sul post di Salvini o sulle pagine satellite della galassia leghista, in un crescendo spaventoso di ferocia e violenza nei confronti di Carola Rackete.

E tutti hanno qualcosa in comune: colpiscono l’aspetto fisico. Non una parola o una critica sui dieci minuti di intervista della Capitana a Piazza Pulita, anche perché non saprebbero neanche da dove cominciare.

Quello che fanno gli hater è prendere di mira il corpo di Carola, un particolare, un difetto, il modo di vestire, l’esteriorità, in un vero e proprio body shaming il cui unico scopo è quello di annullare l’avversario, annichilirlo, screditarlo, di spostare l’attenzione dal tema complesso dei cambiamenti climatici e dei flussi migratori al grado zero del confronto: la derisione della persona, del modo in cui sceglie di essere o mostrarsi.

E questo accade solo ed esclusivamente perché Carola è una donna. Possiamo girarci intorno quanto vogliamo, ma la verità è che il sessismo, l’umiliazione fisica del corpo – e quello femminile in particolare – è un’appendice diretta, quasi una precondizione, di quella miscela di razzismo, intolleranza e xenofobia che tiene insieme il sovranismo in Italia e in Europa.

Cerca il sessismo e troverai il razzismo. E viceversa. E non finirà quando smetteremo di parlare di Carola, ma quando torneremo finalmente a parlare di cultura ad alta voce e a ricostruire l’educazione emotiva di questo Paese. Non esiste una battaglia oggi che abbia più senso combattere.

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