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Da ‘Libia posto sicuro’ per migranti al dramma vero, ora basta furberie…

Libia, l’allarme dell’Onu: da Tripoli 16 mila sfollati. Nelle ultime 24 ore sono fuggiti almeno duemila abitanti della capitale. Gli aiuti hanno raggiunto solo quattromila persone. Le vittime sarebbero salite a 130, tra cui si registrano 35 bambini. I feriti sarebbero almeno 750 di cui 200 molto gravi.

Dalle spacconate al dramma
Da ‘Libia posto sicuro’ per migranti al dramma vero, ora basta furberie. Allarme Onu: da Tripoli 16 mila sfollati. Nelle ultime 24 ore sono fuggiti almeno duemila abitanti della capitale. Gli aiuti hanno raggiunto solo quattromila persone

Tripoli, 120 morti, strage di bambini
Le vittime sarebbero salite a 130, tra cui si registrano 35 bambini. I feriti sarebbero almeno 750 di cui 200 molto gravi. Lo riferisce l’Organizzazione mondiale della sanità nel Paese nordafricano.

La battaglia di Tripoli
-Attacchi e controffensive, avanzate e ritirate, morti, feriti e centinaia di civili intrappolati: si fa sempre più cruenta la battaglia alle porte di Tripoli, che si combatte furiosamente tra le forze fedeli al governo internazionalmente riconosciuto di Fayez al Sarraj e quelle di Khalifa Haftar. Il decimo giorno della guerra proclamata dal maresciallo è stato segnato da violenti scontri lungo l’asse a sudovest della capitale.
-Dopo una notte di combattimenti, i soldati dell’uomo forte della Cirenaica hanno sfondato le linee avversarie, avanzando a colpi di artiglieria, missili Grad e sostenuti dai raid aerei. Due le zone conquistate per diverse ore: quella di Suani ben Adem, 25 km a sudovest di Tripoli, e quella di Aziziya, una trentina di chilometri più a sud, lungo la direttrice che conduce a Zintan e Gharyan. Contrattacco delle milizie di Tripoli, le truppe di Haftar sono state costrette alla ritirata.
-Sul campo, hanno riferito fonti attendibili, sono arrivate anche le milizie di Zintan, protagoniste della cacciata di Muammar Gheddafi da Tripoli nel corso della rivoluzione del 2011 e pronte ora a combattere per la difesa della capitale. Il generale Abuseid Shwashli, al comando della regione del distretto sudovest, all’Ansa: «Quelli di Haftar hanno armi più moderne, ma non le sanno usare. Sono soprattutto reclute, meno del 20% delle loro forze ha esperienza, e combattono per lo stipendio oppure perché sono costretti».

Il ruolo delle milizie armate
Dalla caduta di Gheddafi, una galassia di piccole autorità che impediscono una pacificazione interna reale. Mustafa Fetouri, giornalista indipendente libico. «Tutte le milizie di Tripoli sono dalla parte di Serraj, compresi Misurata e i gruppi islamisti. Milizie potenti come le al-Bunyan al-Marsous che combatterono l’Isis a Sirte. Nessuna milizia tripolina ha finora dato sostegno all’Esercito nazionale libico di Haftar, almeno non pubblicamente». Milizie che si affrontano, milizie che bloccato qualsiasi trattativa. «Tutte quante non intendono arrivare a un accordo che comporti la nascita di un esercito unico o di un corpo di polizia».

Micro parlamento agli ordini di Haftar
Sono stati solo 32, su 200, i deputati del parlamento libico che hanno partecipato alla prima seduta di insediamento a Bengasi dopo il trasferimento ieri da Tobruk, per cinque anni sede della Camera dei rappresentanti. La Camera dei Rappresentanti, compiendo un passo verso una divisione della Libia, ieri si era insediata a Bengasi dove ha la base il generale Khalifa Haftar e non più a Tobruk.
Opposizione: «Ci stiamo coordinando per una seduta a Tripoli per far cadere la legittimità di chi appoggia la guerra di Haftar contro la capitale», aveva anticipato nei giorni scorsi all’emittente Libya al-Ahrar un deputato.

I Despoti si ritrovano
«Il sostegno dell’Egitto agli sforzi della lotta contro il terrorismo e le milizie estremiste per realizzare la sicurezza e la stabilità della Libia» è stato dichiarato dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi nel suo incontro al Cairo con il generale Khalifa Haftar. Lo scrive su Twitter Sky News Arabiya. L’appoggio del Cairo è anche «agli sforzi mirati a porre le basi di uno Stato civile stabile in Libia e ad avviare la ricostruzione», scrive inoltre l’emittente basata negli Emirati arabi uniti.

Civili bersaglio
Aumenta il numero dei morti: le vittime sarebbero salite a 130, tra cui si registrano 35 bambini. I feriti sarebbero almeno 750 di cui 200 molto gravi. È il bilancio aggiornato ad oggi fornito dal presidente dell’Associazione medici stranieri in Italia (Amsi) Foad Aodi, che è in contatto con medici libici in vari ospedali. I medici dalla Libia, afferma Aodi all’Ansa, «denunciano anche violenze sulle donne da parte dei militari: si ha notizia di 30 donne stuprate, sei delle quali hanno perso la vita». Gli ospedali libici, inoltre, continuano a denunciare mancanza di strumentazione e scorte di sangue: «I medici libici dai vari nosocomi affermano – rende noto Aodi – che potranno prestare assistenza per non più di due settimane con il materiale ed i medicinali ad oggi ancora disponibili».

Interessi petroliferi italiani e
fermare la fuga dei migranti

«Siamo così impegnati a cercare quello che c’è dietro la crisi libica, che non vogliamo vedere quello che sta davanti ai nostri occhi. Sarà pure colpa del perfido Macron che spalleggia il temibile Haftar e di sicuro dei petrodollari dell’Arabia saudita, o il «defilarsi» degli Stati uniti che in realtà stanno dietro al ruolo saudita, o di Putin che aspetta, come ha fatto per la Siria, che la frittata dell’Occidente si sia bruciata», denuncia Tommaso Di Francesco sul Manifesto.

Distratti tutti, oggi, dell’errore tragico del marzo-aprile del 2011 quando si è consumata una guerra devastante della Nato con la nostra costretta partecipazione. Ora Salvini e Moavero più volte in Libia a sostenere Serraj, ‘riconosciuto’ ”dall’Onu ma non dai libici.

Ministro Salvini ci dica
«Se qualcuno gioca alla guerra non staremo a guardare», minaccia il ministro Salvini. Scusi ministro, che vuol dire? Baste scemenze e trovate da tweet elettorali, che questa è guerra vera.
Del resto, c’è chi ricorda un Salvini di quattro anni fa intervistato da Skytg24: «Chi è quel cretino che ha portato la guerra in Libia?». Già, sai quanti cretini in fila per due potremmo mettere assieme?
Ma l’allarme di un certo fronte, più delle guerra, sembra essere la minaccia all’operazione politica ‘porti chiusi’ proprio alla vigilia del voto europeo, perché adesso a tentare di fuggire assieme ai vecchi disperati, ci saranno anche i libici…

www.remocontro.it

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