Browse By

Dal Maghreb alla Tunisia siccità devastante: fame o fuga

di Piero Orteca

Questa volta il cambiamento climatico ha colpito duro, proprio vicino casa nostra, determinando una situazione d’emergenza che potrebbe avere disastrose conseguenze, nell’immediato futuro.
Il cambiamento climatico che qualcuno ancora nega. Clima e flussi migratori. La guerra del grano tra Russia e Ucraina e quelle del pane. E i governi ‘consigliano’: mangiate meno pane.

Il cambiamento climatico che qualcuno ancora nega
Tutta la regione nordafricana del Maghreb, dal Marocco all’Algeria, è stata messa in ginocchio da una devastante siccità. Un fenomeno che, dalle sponde dell’Atlantico, si è progressivamente esteso, Arrivando fino al cuore della Tunisia, e ‘bruciando’ milioni di ettari di terreno coltivato. Principalmente a cereali: grano e orzo. Tragica notizia per una popolazione che si sfama essenzialmente col pane, che proprio in tutti questi Paesi, al pari dell’acqua, fa la differenza tra la vita e la morte. E proprio eventi indotti da calamità naturali, va sottolineato, possono rientrare tra le motivazioni che, per il nuovo diritto internazionale, giustificano la concessione dello status di rifugiato. Insomma, c’è una correlazione molto stretta tra deterioramento ambientale, eventi atmosferici estremi e flussi migratori a crescita esponenziale

Clima e flussi migratori
Secondo lo speciale Centro studi dell’Unione Europea, la quasi totale assenza di piogge, che ha colpito l’Africa Nord-occidentale negli ultimi nove mesi, è stata un evento eccezionale, in una regione comunque già abituata a ciclici periodi di siccità. Ne ha sofferto, in particolare, l’agricoltura, che mediamente concorre a formare tra il 13 e il 15% del Prodotto interno lordo di Marocco, Algeria e Tunisia. Gli esperti calcolano che, data la scarsità di falde acquifere sfruttabili (il terreno è essenzialmente sabbioso e il liquido filtra in profondità), almeno l’85% dell’acqua disponibile sia sfruttata dagli agricoltori per l’irrigazione. Per la verità, la situazione climatica, in tutto il Maghreb e fino alla Tunisia, è andata peggiorando nel corso degli ultimi tre anni. I periodi di scarsa piovosità sono sempre stati frequenti, ma la loro durata era intervallata da precipitazioni sufficienti a evitare una totale siccità.

Adesso, però, qualcosa è cambiato e passano mesi e mesi senza che cada una goccia di pioggia. Così i governi sono costretti a intervenire, con ‘sussidi’ o integrando il prezzo del pane, per tenerlo artificialmente basso. Fino a quando?

La guerra del grano e quelle del pane
La guerra in Ucraina e le sanzioni alla Russia hanno sconvolto il mercato internazionale del grano, dell’orzo e degli oli vegetali.
Il Marocco dovrà importare almeno il 30% in più di cereali, per sfamare la sua popolazione di 36 milioni di abitanti. Anche la Tunisia dovrà fare uno sforzo di import in questa direzione, magari un po’ meno oneroso di quello marocchino, ma indispensabile. Perché i suoi fragili equilibri politici, espongono il suo sistema agli umori della piazza. E chi ricorda le ‘Primavere arabe’ del 2011, non potrà ignorare che, quelle tunisine, cominciarono come ‘rivolte per il pane’.
Algeria. Qui la situazione cerealicola era abbastanza stabile fino al 2020, perché, per loro fortuna, le aree estensivamente coltivate a grano non avevano sofferto di particolare siccità. Ma poi la situazione è progressivamente precipitata, fino ad arrivare, nell’inverno di quest’anno e nei successivi mesi primaverili, quasi completamente all’asciutto.

Agricoltura e politica
Tanto che, come sostiene il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, l’import di grano algerino, nel 2023, potrebbe battere tutti i record. Inutile dirlo: gli analisti delle Cancellerie occidentali sono preoccupatissimi, per la piega che potrebbero prendere gli avvenimenti. In una situazione di equilibri geopolitici tanto ‘ballerini’, Paesi così importanti non possono essere abbandonati al loro destino.
Il Marocco, per esempio, ha un primo ministro-miliardario già fin troppo chiacchierato, Aziz Akhannouch, che non viene digerito dai ceti più popolari più pronti a infiammarsi. A rischio, come si è detto prima, anche la Tunisia. Mentre, almeno dal punto di vista della stabilità politica, l’Algeria sembra lo Stato-nazione che, per molti motivi, sembra una sorta di ‘democrazia corazzata’ (dall’esercito), dove il dissenso c’è ma non si vede.

‘Mangiate meno pane’
Per dare un’idea, dei problemi che devono affrontare i governi maghrebini e tunisino, va sottolineato che tutti e tre gli esecutivi hanno imposto il razionamento dell’acqua e ‘consigliato’ di mangiare meno pane. Naturalmente, la ragione è palese: importare prodotti alimentari, significa togliere dai propri forzieri valuta pregiata, a cominciare dai dollari. Cioè, tutte risorse che servono a stabilizzare il cambio della propria valuta nazionale, e che vengono esibite come ‘biglietto da visita’, per avere accesso al mercato internazionale dei capitali. Fondo monetario in testa. L’alternativa (assolutamente indispensabile) è quella di studiare un programma per un efficiente utilizzo dell’acqua, specie in agricoltura.

Tecnologia in un futuro lontano
A questo scopo risponde il ‘Piano verde’ marocchino (nuove tecnologie a basso impatto idrico), e la ‘Road map agricola’ algerina. Quest’ultima punta a raggiungere, in futuro, l’autosufficienza produttiva sviluppando le colture di grano, mais, barbabietola da zucchero e semi oleosi di base. In Tunisia, invece, si comincia a guardare allo sfruttamento del fotovoltaico, come forma di energia da utilizzare nelle colture in serra di ultima generazione, che sfruttano l’umidità atmosferica. Ma si tratta, in tutti i casi, di progetti ambiziosi, costosi e limitati nella loro estensione.

La realtà vera è quella attuale, di un Nord Africa devastato dalla siccità, pronto a scatenare migrazioni bibliche, di masse che non riescono a mangiare il minimo indispensabile per poter sopravvivere.

REMOCONTRO

Please follow and like us: