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Franca Viola, storia della prima donna che rifiutò pubblicamente il matrimonio riparatore

Il 26 dicembre 1965 la 17enne Franca Viola venne rapita ad Alcamo, in provincia di Trapani, da Filippo Melodia – nipote del boss mafioso Vincenzo Rimi – e 12 complici. La giovane siciliana venne segregata, picchiata e violentata, ma rifiutò poi pubblicamente il matrimonio “riparatore” che in base all’articolo 544 del codice penale allora in vigore avrebbe estinto il reato: fu la prima donna italiana a farlo. Il suo gesto è stato un simbolo della crescita civile dell’Italia nel secondo dopoguerra e dell’emancipazione femminile e un esempio di coraggio per il quale, nel 2014, è stata insignita dell’onoreficienza di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

La storia di Franca Viola

Franca Viola nacque ad Alcamo il 9 gennaio del 1947 da una coppia di coltivatori diretti. A 15 anni si fidanzò, con il consenso dei genitori, con Filippo Melodia. Il ragazzo però venne arrestato per furto e appartenenza a un clan mafioso e il padre di Franca Viola decise di rompere il fidanzamento. Da quel momento, la famiglia Viola subì una serie di violente minacce e intimidazioni. Prima venne bruciato il vigneto e il casolare annesso della famiglia e poi Bernardo Viola venne minacciato con una pistola al grido di “chista è chidda che scaccerà la testa a vossia” (questa – la pistola – è quella che le farà saltare la testa). L’uomo, nonostante le aggressioni, non cambiò mai la sua decisione.

Il rapimento di Franca

Il 26 dicembre del 1965 Franca venne rapita da Filippo Melodia che, con l’aiuto di 12 amici, devastà la casa della ragazza, aggredì la madre che tentava di difenderla e portò via anche il fratellino di 8 anni della giovane, poi subito rilasciato. Per otto giorni Franca Viola subì violenze sessuali e aggressioni e venne tenuta segregata e a digiuno in un casolare al di fuori dal paese e poi in casa della sorella di Melodia. Il giorno di Capodanno, il padre della ragazza fu contattato dai parenti di Melodia per la cosiddetta “paciata”, ovvero per un incontro volto a mettere le famiglie davanti al fatto compiuto e far accettare ai genitori della ragazza le nozze dei due giovani. Il padre e la madre di Franca Viola, d’accordo con la polizia, finsero di accettare le nozze riparatrici e addirittura il fatto che la giovane dovesse rimanere presso l’abitazione di Filippo Melodia, ma il giorno successivo, 2 gennaio del 1966, la polizia intervenne all’alba facendo irruzione nell’abitazione, liberando la ragazza e arrestando Melodia e i suoi complici.

Cosa diceva il codice penale dell’epoca

Secondo le usanze di quegli anni, una ragazza che era stata violentata avrebbe dovuto necessariamente sposare il suo stupratore per salvare il suo onore e quello familiare. In caso contrario, sarebbe rimasta zitella e additata come “donna svergognata”. All’epoca la legislazione italiana, in particolare l’articolo 544 del codice penale, recitava: “Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”. In pratica con il “matrimonio riparatore” si estingueva il reato di violenza carnale, anche ai danni di minorenne, perché la violenza sessuale era considerata oltraggio alla morale e non reato contro la persona.

Il processo per il caso Franca Viola

Fino al 1965 non era mai successo che una donna rifiutasse il matrimonio riparatore, perciò il caso di Franca Viola sollevò in Italia forti polemiche divenendo oggetto di numerose interpellanze parlamentari. Durante il processo a Trapani, la difesa tentò invano di screditare la ragazza, sostenendo che fosse consenziente alla fuga d’amore, la cosiddetta “fuitina”, un gesto che avrebbe avuto lo scopo di ottenere il consenso al matrimonio e mettere la propria famiglia di fronte al fatto compiuto. In ogni caso, Filippo Melodia fu condannato a 11 anni di carcere, ridotti il 10 luglio 1967 nel processo di appello di Palermo a 10 anni con l’aggiunta di 2 di soggiorno obbligato nei pressi di Modena. La  sentenza venne poi confermata in Cassazione il 30 maggio 1969. Il caso Franca Viola aprì un dibattito sul tema della violenza sulle donne che, solo nel 1981 a 16 anni di distanza dalla vicenda, portò all’abrogazione dell’articolo 544 del codice penale e solamente nel 1996 lo stupro da reato “contro la morale” è stato riconosciuto in Italia come un reato “contro la persona”.

L’onorificenza a Franca Viola

Nel 1968 Franca Viola si sposò con l’amico d’infanzia Giuseppe Ruisi che le disse di non temere ritorsioni da parte della famiglia Melodia perché sarebbe stato “meglio vivere dieci anni con te che tutta la vita con un’altra”. La coppia ha avuto due figli. L’8 marzo del 2014, il presidente della Repubblica ha insignito Franca Viola al Quirinale con l’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana con la motivazione: “Per il coraggioso gesto di rifiuto del matrimonio riparatore che ha segnato una tappa fondamentale nella storia dell’emancipazione delle donne nel nostro Paese”.

Skytg24

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