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Gerusalemme: scontri alla Porta di Damasco, circa 20 feriti

Circa 20 palestinesi sono rimasti feriti, mentre altri 25 sono stati arrestati a seguito degli scontri verificatisi, il 19 ottobre, nei pressi della Porta di Damasco, una delle entrate principali alla Città Vecchia di Gerusalemme. Per alcuni, quanto accaduto è da includersi tra gli episodi più violenti verificatisi da maggio scorso.

Le tensioni hanno visto protagonisti gruppi di giovani palestinesi, da un lato, e le forze israeliane, dall’altro lato. Queste hanno interessato, per il secondo giorno consecutivo, non solo la Porta di Damasco ma anche le aree circostanti, presso Gerusalemme Est, in concomitanza con i festeggiamenti di una festa nazionale palestinese, in cui si ricorda la nascita del Profeta Maometto. Gli scontri sono continuati fino a tarda sera, quando il bilancio delle vittime è salito ad almeno 25 feriti civili, tra cui donne e bambini. Anche per gli individui arrestati, si è trattato perlopiù di minori. I medici palestinesi della Mezzaluna Rossa hanno riferito di aver soccorso 17 feriti dal pomeriggio di martedì. Di questi, dieci sono stati ricoverati in ospedale, mentre gli altri sono stati curati sul posto. Media locali hanno aggiunto che anche il giorno precedente, il 18 ottobre, circa 49 palestinesi sono stati feriti mentre gli arresti sono ammontati a 10. Tra questi vi sarebbero stati anche due giornalisti locali.

Le forze israeliane sono state viste impiegare gas lacrimogeni, manganelli e bombe sonore, mentre fonti palestinesi hanno riportato di soldati che inseguivano i giovani palestinesi con cani poliziotto. Secondo quanto riportato dalla polizia israeliana, invece, i palestinesi si sono ribellati con violenza e hanno lanciato pietre contro gli autobus vicini, il che ha costretto gli agenti a impiegare gas lacrimogeni e granate sonore per disperdere la folla di manifestanti. Media palestinesi hanno fatto circolare video che mostravano l’apparente “brutalità” delle forze di polizia israeliana, mentre queste facevano irruzione presso i raduni di palestinesi vicino alla Porta di Damasco. Già dalla mattina del 19 ottobre, era stata monitorata un’intensa presenza israeliana nell’area, con forze di Israele impegnate a controllare le auto e a perquisire i passanti palestinesi. “Stiamo vedendo Israele punire i palestinesi nella nostra città santa, e questo sta portando a scontri quotidiani vicino alla Porta di Damasco”, ha detto Nasir al-Qaws, un palestinese di Gerusalemme Est, esponente del partito Fatah.

Gli scontri del 19 ottobre sono stati considerati tra i peggiori nella Città Vecchia da maggio, quando le tensioni iniziate a Gerusalemme hanno alimentato la violenta escalation a Gaza, che ha visto partecipi Israele e il gruppo palestinese Hamas. Ad ogni modo, è da giorni che le tensioni tra palestinesi e forze di sicurezza israeliane sembrano essersi intensificate a Gerusalemme e nei pressi della Porta di Damasco, un’area testimone di scontri e arresti. Secondo un portavoce del servizio di autobus Egged, decine di mezzi sono stati danneggiati nelle ultime settimane a causa del lancio di pietre da parte di palestinesi. Ad aver innescato la rabbia dei palestinesi vi sono altresì i recenti scavi israeliani vicino a due cimiteri di Gerusalemme, Yusufiyya e Bab al-Rahma. A tal proposito, attivisti palestinesi hanno accusato le autorità israeliane di aver danneggiato le tombe palestinesi, ma un tribunale israeliano ha successivamente respinto tali accuse, precisando che il terreno in questione era stato dichiarato “terreno pubblico aperto” e non rientrava nei confini stabiliti dei cimiteri. Inoltre, una precedente ingiunzione aveva ordinato alle organizzazioni musulmane locali di cessare di trattare l’area come un cimitero.

L’ultima violenta escalation a Gaza ha avuto inizio quando, il 10 maggio, dopo giorni di tensioni, Hamas ha avvertito il governo di Tel Aviv che avrebbe avviato un attacco su larga scala qualora le forze israeliane non si fossero ritirate dalla Spianata delle Moschee e dal monte del Tempio, oltre che dal compound di al-Aqsa, entro le 2:00 del mattino. Alla luce della mancata risposta da parte israeliana, il gruppo ha iniziato a lanciare razzi contro Gerusalemme già dalla sera del 10 maggio e, nel corso dei giorni successivi, le offensive sono proseguite con attacchi da ambo le parti. Dopo 11 giorni di combattimenti, alle 2:00 di mattina del 21 maggio è entrato in vigore a Gaza un cessate il fuoco, mediato dall’Egitto, che sembra essere tuttora rispettato.

La Porta di Damasco ha rappresentato un punto cruciale nell’escalation di maggio. Prima che questa scoppiasse, da metà aprile, la polizia israeliana aveva eretto barricate sulla scalinata di pietra che conduce all’arco, durante la ricorrenza musulmana del Ramadan. Ciò ha provocato violenti scontri tra forze israeliane e palestinesi, per i quali sedersi su tale scalinata è una tradizione. Le barricate sono state successivamente rimosse, ma ciò non è bastato a frenare i ripetuti scontri.

Ad oggi, i palestinesi continuano a reclamare la liberazione di Gerusalemme Est, della Cisgiordania e della Striscia di Gaza, territori occupati da Israele nella guerra del 1967. Il loro desiderio è istituire uno Stato indipendente, con capitale Gerusalemme Est. Israele, da parte sua, riconosce l’intera città come capitale ufficiale del Paese, un riconoscimento confermato dall’appoggio statunitense durante l’amministrazione dell’ex presidente, Donald Trump. Nel 1993, con gli Accordi di Oslo, è stata stabilita una soluzione a due Stati, secondo cui potrebbero essere creati due Paesi in grado di coesistere uno di fianco all’altro, ovvero Israele da una parte e la Palestina dall’altra, con un’unica capitale, Gerusalemme, divisa tra i due.

 LUISS Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale

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