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Giornata dell’ambiente, giovani per il loro futuro. Disastro ecologico in Siberia

I ragazzi di Fridays For Future tornano nelle piazze dopo la clausura per l’emergenza sanitaria a chiedere che «la ripartenza dopo il Coronavirus non sia un ritorno alla normalità, ma un salto verso un mondo nuovo». A sottolineare l’allarme per il mondo ieri disastro ecologico in Russia: 20 mila tonnellate di gasolio riversate in un fiume in Siberia.

Manifestanti non Negazionisti con mascherine e distanze
Ispirati dall’ambientalista svedese Greta Thunberg che ha lanciato lo sciopero del venerdì per il clima, i ragazzi italiani tornano in piazza, rispettando le norme di sicurezza anti Covid. Flash-mob e manifestazioni in oltre 30 città italiane, «ovviamente, seguendo la scienza come sempre, rispetteremo le norme per la prevenzione del contagio». Un piano piano per «la transizione ecologica», chiedono, nell’utilizzo dei fondi per il rilancio economico del dopo Covid. «Ma Il futuro dell’umanità non è nei programmi del governo, e dell’Unione», denunciano e annunciano per oggi la pubblicazione delle loro proposte, campagna «Ritorno al futuro», sostenuta da oltre 300 scienziati, 15.000 cittadini e decine di associazioni”.

Ritorno al futuro, Mattarella

“Le recenti drammatiche vicende che toccano tutto il nostro pianeta ci impongono di prendere atto del legame imprescindibile che esiste tra l’equilibrio della natura e la nostra sopravvivenza”. Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente. “Oggi, per uscire dalle difficoltà che ci troviamo di fronte, è proprio della ricerca ciò di cui abbiamo estremo bisogno insieme a politiche lungimiranti che sappiano immaginare e rendere accessibile un futuro prossimo di prosperità sostenibile”.

Siberia, disastro ambientale
Coincidenza drammatica, una cisterna di una centrale elettrica è collassata e ha riversato nei fiumi dell’area una grandissima quantità di prodotti petroliferi. Oltre 20 mila tonnellate di gasolio nel fiume Ambarnaya, un piccolo corso d’acqua in una regione della Siberia settentrionale, in Russia. Un disastro ecologico ed ambientale, che mette a rischio un ecosistema incontaminato a poche decine di chilometri dal Mar Glaciale Artico, nel Circolo Polare Artico.

Gigante dell’estrazione mineraria
Disastro ambientale nella regione artica la mattina del 29 maggio che qualcuno all’inizio ha cercato di nascondere stile Chernobyl. Gigantesche chiazze spesse 20 cm si stanno dirigendo verso il Mar di Kara, mettendo a rischio la rete dei fiumi siberiani. Un incubo che si fa realtà: si teme che sia stato il permafrost, a rischio scioglimento per il riscaldamento climatico che sta sconvolgendo gli equilibri della Siberia più di ogni altra regione al mondo, all’origine dell’incidente. Avrebbero ceduto le fondamenta dell’impianto, pilastri che finora, sostenuti dalla terra gelata, avevano resistito per decenni senza problemi, dichiarano i proprietari dell’impianto. Una situazione che può ripetersi altrove.

La rabbia di Putin
Mentre Norilsk Nickel – il colosso minerario su cui poggia l’economia nella regione, primo produttore al mondo di nickel e palladio – è al lavoro per contenere le conseguenze dell’incidente, Putin ha dichiarato lo stato d’emergenza. Ma quello che lo ha fatto infuriare è stato sapere che i proprietari dell’impianto vrebbero cercato di tenere nascosto l’accaduto. Le autorità locali e il governatore di Krasnojarsk, Aleksandr Uss, avrebbero saputo tutto dai social. «Perché le agenzie governative lo hanno scoperto solo due giorni dopo? Dobbiamo venire informati delle emergenze dai social media? – ha sibilato Putin in videoconferenza rivolto al responsabile di NTEK, Serghej Lipin – È sicuro di stare bene?».

Danno enorme, rimedi e punizioni
Sarà ora la Procura a stabilire le rispettive responsabilità, che gli interlocutori di Putin hanno iniziato a ribaltarsi uno sull’altro, in diretta tv, sul piano del disastro ambientale e su quello della mancata informazione. Uomini e mezzi della Protezione civile stanno arrivando sul posto, il loro compito ostacolato dal clima, dalla mancanza di strade e infrastrutture nella tundra, dai fiumi non sempre percorribili con grosse imbarcazioni.

Anche in Russia leggi ambientali severe
Rifacendosi a un’altra tragedia comparabile, l’avaria della petroliera Exxon Valdez 30 anni fa, al largo dell’Alaska –scrive il Sole24ore- Greenpeace Russia prova a calcolare l’entità del danno. «L’avaria e la liquidazione delle conseguenze costarono allora alla compagnia responsabile più di 6 miliardi di dollari. Ma in Russia le imprese riescono spesso a sfuggire alla responsabilità finanziaria dei danni ecologici. Questo – conclude Greenpeace – deve finire: «ci rivolgiamo al Governo con la proposta di modificare le leggi federali per prevenire catastrofi ecologiche come quella nella penisola di Taymyr».

REMOCONTRO

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