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Ho lottato contro il Covid ma per Carlo Taormina non sono un medico ma un assassino

Felice Spaccavento, anestesista e rianimatore della Asl di Bari

Il rianimatore replica alle accuse dell’avvocato che ha detto che i malati di Coronavirus sono stati lasciati morire: “In un Paese civile queste parole avrebbero sortito una sollevazione popolare.”

di Felice Spaccavento*

“Li sedevano e li lasciavano morire come cani. Sono degli assassini”.

Con queste parole Carlo Taormina, uno che è stato parlamentare del centrodestra e addirittura sottosegretario all’Interno in un governo Berlusconi, ha definito i medici e i sanitari che, per mesi, hanno lottato, combattuto e sono anche morti, in prima linea, nella dura battaglia, in trincea, contro questo virus infido e letale.

E così io sarei un assassino.

Un criminale.

Sono giorni che penso e ripenso a queste parole. Che penso e ripenso alle notti insonni, alle preoccupazioni, al dolore e allo strazio che ho visto con gli occhi miei, alle lacrime che ho versato e alla carezze che ho riservato ai miei malati. Erano le carezze di un assassino, quelle?

Queste parole non mi offendono soltanto, mi indignano. E penso che solo in Italia personaggi come questo Taormina possono assurgere a ricoprire importanti incarichi istituzionali. In qualunque altro Paese civile sarebbero sottoposti a un Tso e certe dichiarazioni avrebbero sortito una vera e propria sollevazione popolare.

Ne sono sicuro.

Parola di medico.

Parola di assassino.

*anestesista e rianimatore della Asl di Bari

Globalist

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