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Migranti, la «vendetta» del Marocco: in ottomila arrivano in Spagna

Crisi a Ceuta, Pedro Sánchez vola nell’enclave: «Ristabiliremo l’ordine con la massima celerità. La sua integrità come parte della Spagna sarà garantita», dice il primo ministro.

di Andrea Nicastro

Ieri, a metà giornata, il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez annulla un viaggio a Parigi, vola a Ceuta e parla al Paese. Usa toni gravi, decisi. «Voglio comunicare agli spagnoli, specialmente a quelli che vivono a Ceuta e Melilla, che ristabiliremo l’ordine con la massima celerità. Saremo fermi di fronte a qualsiasi sfida. L’integrità di Ceuta come parte della nazione spagnola sarà garantita dal governo con tutti i mezzi disponibili». Cos’era successo? Ottomila migranti hanno assaltato le barriere tra il Marocco e l’enclave spagnola di Ceuta. Tra loro almeno 1.500 minori. La città costiera, come la gemella Melilla, è l’ultimo frammento dell’impero su cui non tramontava mai il sole. Pochi chilometri quadrati che per il Marocco sono fastidiosi, per la Spagna costosi, per chi tenta di lasciare l’Africa vie d’accesso all’Ue.

Certo più sorvegliate, ma meno letali rispetto a Lampedusa o alle Canarie. La Spagna ha costruito muri alti 20 metri, piazzato filo spinato, posto barriere subacquee e, di solito, la collaborazione della polizia marocchina basta a evitare infiltrazioni. Lunedì e ieri no. Improvvisamente, come per un ordine, migliaia di migranti dal Mali, dal Niger, dal Senegal, ma anche tantissimi marocchini sono partiti a nuoto per aggirare le barriere che si spingono nel mare per decine di metri. Molti sono abitanti della città confinante che, dalla chiusura dei valichi per il Covid un anno fa, hanno perso il lavoro nelle enclavi. Un’ottantina ha tentato lo stesso anche a Melilla. Un centinaio è riuscito ad entrare a Ceuta all’alba di ieri e a disperdersi tra gli 80 mila spagnoli. La maggior parte, invece, è stata fermata sulla spiaggia.

Ci sono state scene strazianti e altre più degne. Qualche blindato militare di Madrid è arrivato sulla sabbia scaricando soldati in giubbotto antiproiettile, elmetto e manganello. Alcuni migranti erano sfiniti e sono stati soccorsi. Tra loro un neonato. I minorenni sono stati separati. La maggior parte però è stata tenuta con i piedi in acqua per evitare che, anche simbolicamente, toccassero il suolo europeo. A sera meno della metà degli 8mila era già stata espulsa verso il Marocco in base ad un accordo in vigore. Gli altri, tranne i minori, dovrebbero essere mandati indietro oggi. Nella notte un migrante è morto annegato. L’ondata di ieri arriva al culmine di una crisi diplomatica tra Spagna e Marocco che dura da mesi. L’ambasciatrice del re Mohamed VI a Madrid, Karima Benyaich, non si è nascosta: «Ci sono azioni che hanno delle conseguenze». Si riferiva alla presenza in un ospedale spagnolo di Brahim Ghali, il leader del Fronte Polisario per l’indipendenza del Sahara Occidentale.

Ex colonia spagnola, la regione è occupata dal Marocco da trent’anni. A dicembre, però, gli Stati Uniti hanno cambiato gli equilibri. Pur di aumentare il numero dei Paesi musulmani che riconoscono Israele (Accordi di Abramo)Washington ha accettato la sovranità marocchina sul Sahara Occidentale. La Spagna ha protestato e quando Ghali ne ha avuto bisogno l’ha ricoverato. La tregua nel Sahara è rotta. Come a suo tempo fece il leader libico Gheddafi, come ha fatto la Turchia di Erdogan, anche il Marocco ha fatto capire che può usare i migranti come merce di scambio. La diga marocchina contro la migrazione si apre e chiude a comando. Tra i due estremi del Mediterraneo la guerra israelo-palestinese e quella del Sahara Occidentale si sono così collegate alla crisi migratoria che preoccupa l’Europa. La Spagna e l’Europa tutta sono avvertite.

Corriere della Sera

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