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Migranti, l’Occidente e la logica criminale del “male minore”: la verità scomoda di un grande giornalista

Li abbiamo sostenuti, finanziati, armati, non perché fossimo all’oscuro dei crimini che hanno compiuto. Ma per gli affari.

di Umberto De Giovannangeli

Una grande verità. Detta e scritta da un grande giornalista. Una verità scomoda per molti. Scomoda per i governanti del “democratico” Occidente, della “civile” Europa che hanno coperto politicamente e coperto di soldi dittatori sanguinari di ogni risma e coloritura politica. L’Occidente che ha chiuso gli occhi quando Saddam Hussein gasava i curdi iracheni, o quando Hafez al-Assad spianava una intera città, Hama, annientando l’intera popolazione, o quando Muammar Gheddafi faceva scempio dei più elementari diritti umani. Salvo poi farli fuori, Saddam, Gheddafi, quando non servivano più o erano diventati dei testimoni scomodi.

L’Occidente che ha depredato l’Africa delle sue ricchezze naturali e per farlo non ha esitato a sostenere autocrati e signori della guerra della peggior specie. L’Occidente, in primis l’Europa, che ha sottoscritto patti scellerati (con tanto di miliardi elargiti) con il sultano di Ankara, al secolo il presidente della Turchia Recep Tayyp Erdogan, o con il presidente-generale d’Egitto, Abdel Fattah al-Sisi, solo per citare alcuni casi eclatanti ma non gli unici,  perché facessero il lavoro sporco al posto nostro nel Mediterraneo. Pagati per realizzare l’ossessione dell’Europa: l’esternalizzazione delle frontiere.

E poco o nulla importa che con quei miliardi gli Erdogan, gli al-Sisi e via elencando, hanno alimentato la brutale repressione interna, riempiendo le patrie galere di migliaia di oppositori, blogger, giornalisti indipendenti, avvocati e attivisti dei diritti umani, parlamentari dell’opposizione. Pur di compiacerli, l’Occidente ha avallato l’invasione turca del nord della Siria, rendendosi complice della pulizia etnica ordita dall’esercito turco, con al seguito gli squadroni della morte qaedisti, nei confronti dei curdisiriani del Rojava. Con i signori della guerra libici, spacciati per statisti, l’Italia ha pure sottoscritto e rinnovato quel patto criminale conosciuto come Memorandum d’intesa Italia-Libia. E pur di non urtare la suscettibilità del “faraone” al-Sisi, chi governa l’Italia, non solo oggi ma negli ultimi sei anni, ha smesso di esigere verità e giustizia dalle autorità egiziane per il brutale assassinio di Giulio Regeni, cittadino italiano, cittadino europeo. Li abbiamo sostenuti, finanziati, armati, non perché fossimo all’oscuro dei crimini che hanno compiuto. Crimini di guerra. Crimini contro l’umanità.

Nessuno può sostenere “non sapevo”. Lo sapevano. Lo sanno. Eppure continuano in questo scellerato, criminale sostegno. Per affari, certo. Affari di petrolio, di vendita di armi e altro. Ma non è solo questo. E’ che l’Occidente considera questi autocrati, satrapi, emiri, regnanti, generali, il “Male minore”.

“Minore”, si pensi a Saddam armato dagli americani, di fronte al male “maggiore”, allora rappresentato dalla penetrazione della “rivoluzione khomeinista” in Medio Oriente. Un discorso che si è riproposto quando Erdogan, Bashar al-Assad etc. sono stati considerati il “male minore” rispetto allo spauracchio dell’Isis. E oggi continuano ad essere considerati tali, il “male minore”, di fronte alla minaccia, inesistente, dell’”invasione” di migranti. Una invasione che non c’è, ma che serve agitarla come spauracchio, perché così si ottengono voti, si vincono le elezioni. 

Una verità scomoda

Scrive Quirico su La Stampa: “Dopo più di un decennio di questa Migrazione, che porterà per sempre il nome di Lampedusa, davanti all’ennesimo decreto governativo anti “invasione”, coloro che si proclamano difensori dei migranti, giuristi, politici, buoni samaritani professionisti o volontari, non sembrano aver fatto alcun passo avanti. La Migrazione pare ormai esulare dal tempo della Storia, dal tempo normale. E questo è orribile. Con l’esperienza accumulata in dieci anni di fatica bisognerebbe cominciar da capo. Invece ci si accontenta di scremare nelle brutalità del legislatore il numero delle scelleratezze più comuni. Ci si appaga di un minimo di inibizioni, l’ideale di rado supera un concetto di approssimativa giustizia. Ovvero che sia consentito alle navi delle Ong di operare senza troppe minacce, che non si fulminino ammende o peggio ancora sequestri, insomma il vecchio arsenale dei dispotismi cauti che ricorrono volentieri a gabellieri e altri arnesi del fisco. Singolare che nessuno denunci che si trasformano così i vagabondi delle frontiere in eterni assenti, si baratta la pietà con una attesa vuota di soluzioni. Siamo immersi, anche i volenterosi, da anni! in questo malessere senza soluzione, molto più triste e sconfortante del dolore. Quello che sembra intoccabile dalle due parti, quella degli xenofobi con i loro sussulti di paura, diffidenza e odio e quella degli uomini di buona volontà, è il concetto che la migrazione sia qualcosa di ineliminabile, maledizione o benedizione a seconda dei punti di vista, in cui siamo e saremo impeciati per sempre. Anche questo dibattito di fine anno, vedrete, finirà annegato in una palude di emozioni e pregiudizi. Raccontarlo fornirà un inizio e una fine apparente a qualcosa che ne è privo. Si è fatto teatro, niente più. 

La Migrazione, ahimè, in dieci anni si è fatto Sistema a cui tutti, buoni e cattivi, attingono delle ottime ragioni perché continui: tutti meno evidentemente i migranti, che paiono condannati, per copione, a un eterno Viaggio, viandanti senza riposo, raminghi senza casa. Essi si ritrovano nel loro ruolo di anime morte che vanno trattate da anime morte. In fondo è un’altra forma di presenza. A meno che anche loro, i questuanti, i brindelloni, gli sciagurati, prima o poi, dopo aver consumato labbra e ginocchia in qualche devozione, non trovino rifugio negli angoli meno commendevoli delle nostre cattive abitudini di fortunati e soddisfatti. Eccola la integrazione! 

Qualsiasi sia il fine aiutiamoli o respingiamoli, si indicano come cause della migrazione, in modo generico, senza specificazione geografica sociale politica, senza nomi e cognomi: la guerra, l’accidente climatico, la voglia di viver meglio, l’avidità umana, miti che si propagano sui notiziari, di origine incerta. Quello che nessuno dice è che la Migrazione, anche questa, soprattutto questa è una conseguenza della lotta di classe in vaste zone del mondo cosiddetto povero, terriccio per tutte le infamie di presidenti, dittatori, ministri imprenditori manutengoli, canaglie di governo e di sottogoverno che la rendono possibile e la alimentano. E quindi annullare la Migrazione consiste nell’eliminare dal Presente storico queste classi di potere che con la nostra attiva collaborazione di Occidente continuano, rubando e violentando, a produrre migranti. 

È sconsolante che dopo dieci anni buoni e cattivi si accordino nell’ignorare questa Storia, facendo emergere il migrante quando si materializza su qualche barca dal Vuoto. Per ricacciarlo indietro o per salvarlo dal naufragio. Scomodando i bei racconti sull’ospitalità… l’ospite sacro per il patriarca biblico, per il greco dell’Iliade, e per il beduino nella tenda. 

Con questo stratagemma ognuno continua ad avere il suo ruolo, il razzista smania con i suoi guazzetti di superstizioni muffite per ottenere consenso elettorale; e le Ong rimpastano alla meglio i loro meriti («senza di noi i morti sarebbero molti di più!». Vero: ma i morti?) per avere uno scopo, ottenere donazioni e distribuire stipendi ai samaritani, giustamente, di mestiere. Gli esperti “in utroque iure” riepilogano le pandette tentando di mutarle in mistiche invece di esigere applicazioni. Gli scafisti puntano al pratico, aggiornano le piste marittime e terrestri e allargano le connesse corruzioni. La Comunicazione vi trova il cantuccio di rattoppature di pietismo da esportazione, tiene in piedi un “genere” tutto rammendi ormai di luoghi comuni, la descrizione della cattiva sorte del migrante, le sue pene il lager libico, la traversata, gli anniversari delle tragedie più dolorose, ognuno accudisce la sua tela tutta rammendi di luoghi comuni. Il povero serve sempre. Per questo deve continuare a esistere. 

Riconoscere che il migrante è semplicemente la vittima di una lotta di classe brutale e senza pietà in alcune aree del mondo dove gli abitanti vivono con meno di due dollari al giorno imporrebbe ben altro impegno: rinnegare i regimi con cui “dobbiamo” tenere buoni rapporti perchè forniscono materie prime essenziali o presidiano zone del mondo in cui sciamerebbero i nemici della nostra sicurezza. Altro che guerre e povertà generiche, da predica della domenica: delitti politici con nomi cognomi e patronimici, imputati per processi e galere reali, altarini di nefandezze da scoperchiare con ben alimentate e benedette rivoluzioni.

Si alzano subito guaiti di raccapriccio: ma l’uranio il petrolio il gas il cobalto il rame dove andiamo a prenderli se non abbiamo complici in quelle parti del mondo? Per porre rimedio alla migrazione occorre imporre la giustizia a casa loro eliminando questa ciurmaglia di ladri al governo che sono i veri, riveriti scafisti. I mezzi non ci mancano. Basta osservare come sappiamo applicarli implacabilmente contro potenze ben più pericolose che disturbano il buon ordine come la Russia e l’Iran: sanzioni, sequestri di beni a oligarchi, raiss e famigli depositati nelle banche nostre (ci ritroveremmo buona parte degli aiuti per lo sviluppo), divieti di uscita, svelamento di furti, soperchierie, bugie”.

Meglio di così non si poteva argomentare. Non è questione di destra o di sinistra. E’ questo e molto di più ancora. E’ l’umanitarismo contro il disprezzo dell’altro da sé. E’ il considerare la diversità come ricchezza e non come minaccia.

E’ considerare chi sale su un barcone per fuggire dagli inferni in terra, un essere umano e non un “materiale residuale”. E’ la cultura dell’inclusione contro l’incultura degli scarti. Da quelli che hanno decretato guerra alle Ong e ai migranti ci separa tutto. E di più. Per dirla con Vittorio Arrigoni, noi proviamo a restare umani. Con tutti i nostri limiti, contraddizioni, incertezze. Loro no. Loro pensano che la democrazia sia la “dittatura della maggioranza” e che in questo sistema tutto, o quasi, sia loro permesso. Anche gettare a mare dei disperati. E non è una metafora. 

Globalist

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