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Migrazioni. Orrore nel deserto della Libia, scoperta una fossa comune

Daniela Fassini

Ci sarebbero almeno 65 morti, secondo l’Oim. Restano ignote le circostanze dei decessi e le loro nazionalità. Nuovi arrivi a Lampedusa mentre riparte per una nuova missione la nave Ong Mare Jonio

Morti, forse di stenti. Senza acqua, né cibo. Dopo giorni e giorni di viaggio attraverso il deserto con i trafficanti. Oppure sono morti per le percosse subite e le violenze. Poi portati lì. In mezzo al deserto. Nel Sud della Libia, fra Algeria o Tunisia. Sono 65 corpi senza vita (o quello che rimane di loro): li hanno trovati così alcuni giorni fa i funzionari del Ministero dell’Interno libico.

La drammatica notizia è stata confermata ieri dall’agenzia Onu per le migrazioni (Oim).

Informazioni ancora poco chiare. Sul luogo esatto del ritrovamento, ad esempio, nella zona esatta, indicata come sud-ovest della Libia. Lontano comunque dal confine con la Tunisia o l’Algeria. Anche il modo in cui sono stati ritrovati, fa pensare quasi che i corpi siano stati spostati e messi lì. Oppure che siano stati abbandonati dai trafficanti. Una morte atroce e drammatica. Come tutte le tragedie che raccontano di migrazioni attraversano il deserto e il mare per puntare su un destino lontano da violenze e dalla guerra.

«L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) è profondamente scioccata e allarmata dal ritrovamento di almeno 65 corpi di migranti in una fossa comune nel sud-ovest della Libia – commenta l’agenzia Onu – Le circostanze della loro morte e la nazionalità rimangono sconosciute, ma si ritiene che siano morti nel processo di contrabbando attraverso il deserto».

Quest’ultima tragedia «evidenzia l’urgente necessità di affrontare le sfide della migrazione irregolare, anche attraverso una risposta coordinata al traffico di migranti e alla tratta di esseri umani – aggiunge il portavoce dell’Oim – Senza percorsi regolari che offrano opportunità di migrazione legale, tali tragedie continueranno a essere una caratteristica lungo questa rotta».

Secondo il Missing Migrants Project, nel 2023 sono stati registrati almeno 3.129 morti e scomparsi lungo la rotta del Mediterraneo, la rotta migratoria più mortale, senza contare quest’ultimo incidente. L’Oim sollecita i governi a rafforzare la collaborazione regionale per garantire la sicurezza e la protezione dei migranti, indipendentemente dal loro status e in tutte le fasi del loro viaggio. Le autorità libiche stanno cercando di identificare le vittime, in collaborazione anche con le agenzie Onu, per poterle ridare alle famiglie.

Intanto proseguono gli arrivi via mare. Sono in tutto sei, con un totale di 207 persone, gli sbarchi registrati sull’isola nelle ultime 24 ore. Centoventinove migranti sono sbarcati a Lampedusa dopo che 4 barchini, salpati da Chebba e Sfax in Tunisia, sono stati agganciati dalle motovedette e dal pattugliatore della guardia di finanza. A bordo dei natanti, tunisini, egiziani, malesi, gambiani, senegalesi e ivoriani che hanno riferito d’aver pagato 2mila dinari tunisini per la traversata. Gli ospiti presenti all’hotspot di contrada Imbriacola sono saliti adesso a 612. Per ieri sera, con il traghetto di linea che giungerà all’alba di oggi a Porto Empedocle, la prefettura di Agrigento ha disposto il trasferimento di 380 migranti.

Ma intanto anche le navi umanitarie si apprestano a solcare la rotta centrale del Mediterraneo per salvare vite. Con quattro navi ferme nei porti per non aver osservato le regole imposte dal governo italiano sui salvataggi, venerdì la Mare Jonio, nave di Mediterranea Saving Humans, è salpata dal porto di Trapani. Si tratta dell’unica nave della flotta civile battente bandiera italiana. «Siamo felici di poter tornare a operare in mare. In questi ultimi mesi, purtroppo abbiamo assistito a naufragi sempre più frequenti e le morti in mare sono aumentate esponenzialmente – ha dichiarato il capo-missione a bordo Denny Castiglione – Nonostante ciò, il governo Meloni ha intensificato il suo sforzo per ostacolare le navi della flotta civile, applicando sempre più spesso il cosiddetto decreto Piantedosi, nonostante diversi Tribunali ne abbiano già contestato la legittimità. Nelle prossime ore saremo finalmente di nuovo là dove bisogna stare».

Nel team imbarcato a bordo c’è anche Dariush Beigui, uno degli attivisti della Iuventa Crew, indagato per sette anni nell’inchiesta della Procura di Trapani contro l’attività di soccorso della nave tedesca. Intanto Medici senza frontiere ha depositato al Tribunale civile di Massa il ricorso contro il fermo amministrativo di venti giorni disposto per la Geo Barents, arrivata mercoledì scorso al porto di Marina di Carrara (Massa Carrara) dopo aver tratto in salvo 249 migranti in tre diverse operazioni di recupero.​

Avvenire

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