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Perché migrazioni e crisi climatica sono più connesse di quanto pensiamo

Cosa c’entrano i migranti al confine tra Polonia e Bielorussia con la crisi climatica? Molto, visto che migrazione e clima sono più connesse di quanto pensiamo.

di Fabio Deotto

Quanto sta succedendo al confine tra Polonia e Bielorussia, con migliaia di migranti iracheni, siriani, ma soprattutto afghani, che ogni giorno rischiano di morire congelati, sembra non avere nulla a che fare con la crisi climatica. Dopotutto, sappiamo bene cosa sia successo in Afghanistan lo scorso agosto, e siamo stati abituati a fare una distinzione tra profughi e migranti economici, come se ogni persona che attraversa un confine avesse una e una sola ragione per abbandonare il posto in cui ha sempre vissuto.

In realtà, la crisi climatica ha già un ruolo preponderante nell’esodo di persone dall’Afghanistan, così come di molti altri paesi in tutto il mondo. Per farsene un’idea basta incrociare tre dati: il primo è che l’Afghanistan è al sesto posto tra le nazioni più colpite dalla crisi climatica, questo significa che già oggi la sua economia è piagata da inondazioni, ondate di calore, precipitazioni erratiche e una siccità galoppante; il secondo dato è che più del 60% degli abitanti si dedica all’agricoltura come fonte di sostentamento principale; se a questo poi aggiungiamo un terzo dato, e cioè che l’80% dei conflitti in Afghanistan sono legati allo sfruttamento delle risorse naturali, diventa più chiaro non solo quanto il riscaldamento globale stia incidendo sulle cause delle migrazioni, ma anche come sia interconnesso ai conflitti che spingono molte persone a mettersi in marcia.

Tra il 2017 e il 2018, il paese è stato colpito da una siccità di dimensioni epocali che ha causato la morte di decine di migliaia di afghani. L’incapacità del governo di allora di far fronte a un’emergenza simile, unita alla mancanza di risorse necessarie a tutelare tutte le persone che hanno visto la propria vita messa a repentaglio da una crisi climatica ormai prevista da tempo, ha di fatto spianato ulteriormente la strada ai talebani, che spesso hanno fatto leva su queste fragilità per radicarsi nelle comunità più colpite.

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