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Piccoli schiavi invisibili: in Italia un minore su tre è sfruttato

Il rapporto di Save the Children fa luce sui bambini figli di genitori sfruttanti nel lavoro agricolo in alcuni territori d’Italia, a grave rischio nell’accesso alla scuola e alle cure sanitari

Un minore su tre in Italia e nel mondo è vittima di sfruttamento o della tratta. Lo dice il rapporto di Save The Children dal titolo ‘Piccoli Schiavi Invisibili’. E’ un focus che fa rabbrividire, quello realizzato dall’associazione che da anni si occupa dei minori. Bambini figli di genitori sfruttanti nel lavoro agricolo in alcuni territori d’Italia, a grave rischio nell’accesso alla scuola e alle cure sanitarie. Il rapporto è stato diffuso in occasione della Giornata Internazionale Contro la Tratta di Esseri Umani ed è alla sua XIII edizione.

Quest’anno, il lavoro è dedicato alla denuncia di un sistema che di fatto viola il diritto alla salute e all’educazione di bambine, bambini e adolescenti figli di braccianti in due tra le aree italiane a maggior rischio di sfruttamento lavorativo agricolo, come la provincia di Latina e la Fascia Trasformata di Ragusa. La maggior parte delle vittime di tratta e sfruttamento nel mondo restano invisibili: quelle identificate nel periodo 2017-2020 a livello globale non hanno superato i 190.000 casi. Chi ha sofferto di più per mano dei trafficanti, secondo gli ultimi dati, sono state le donne (42%) e i minori (35%), mentre le principali forme di sfruttamento sono state di tipo lavorativo o sessuale, in proporzioni praticamente identiche, rispettivamente 38,8% e 38,7%. Se, per la prima volta e a causa del Covid, l’emersione dei casi ha avuto una contrazione dell’11% tra il 2019 e il 2020, il numero delle persone che migrano senza poter contare su canali di accesso legali invece, è aumentato, per effetto di crisi climatica, disuguaglianze e conflitti in corso, che costringono milioni di persone a sfollare e vivere in condizioni di vulnerabilita’ e poverta’ estrema, soprattutto nel caso di donne, bambine e bambini. Si tratta di persone potenzialmente esposte al rischio di tratta e sfruttamento. 

A livello geografico, la maggior parte delle persone divenute vittime di tratta per conseguenza delle guerre si è spostato dall’Africa Sub-Sahariana (73%) e dal Medio Oriente (11%), le due aree più colpite dai conflitti. Anche in Europa, sottolineano le fonti istituzionali, si stima un numero elevato di vittime non registrate, mentre i casi emersi nel periodo 2019-2020 sono stati 14.311, per il 23% riguardanti i minori.

In Italia, le nuove vittime di tratta e sfruttamento identificate nel 2021 sono state 757, in più di 1 caso su 3 (35%) si è trattato di minori, con una prevalenza di bambine e ragazze (168 casi) rispetto a bambini e ragazzi (96). Le sole vittime prese in carico dal sistema anti-tratta nel 2022 sono state 850, di cui il 59% donne e poco meno del 2% (1,6%) i minori. Il principale paese d’origine è la Nigeria (46,7%), seguita da Pakistan (8,5%), Marocco (6,8%), Brasile (4,5%) e Costa d’Avorio (3,3%) e altri paesi, mentre tra le forme di sfruttamento prevale quello di tipo sessuale (38%), seguito dallo sfruttamento lavorativo (27,3%).

Latina e Ragusa le più a rischio

Piccoli Schiavi Invisibili accende un faro sulla condizione dei minori che vivono nei territori caratterizzati dallo sfruttamento del lavoro agricolo, e, nello specifico, di due tra le aree a maggior rischio, la provincia di Latina, nel Lazio, e la Fascia Trasformata di Ragusa in Sicilia. Quella che emerge è la fotografia di bambine e bambini figli di braccianti sfruttati che spesso trascorrono l’infanzia in alloggi di fortuna nei terreni agricoli, in condizioni di forte isolamento, con un difficile accesso alla scuola e ai servizi sanitari e sociali. Sono tantissimi e, nonostante alcuni sforzi specifici messi in campo, sono per lo più “invisibili” per le istituzioni di riferimento, non censiti all’anagrafe, ed è quindi difficile anche riuscire ad avere un quadro completo della loro presenza sul territorio. Il rapporto raccoglie testimonianze dirette di chi ha subito o subisce lo sfruttamento.

I numeri dello sfruttamento

Secondo una stima del 2021, gli occupati irregolari nel settore dell’agricoltura in Italia erano circa 230 mila, con una massiccia presenza di stranieri non residenti e un numero consistente di donne coinvolte (55 mila). Il fenomeno si concentra dove c’è più lavoro, come nel caso di alcuni distretti strategici per l’agroalimentare italiano, proprio come le province di Latina e Ragusa, dove ci sono terreni che consentono la coltivazione intensiva, e che richiedono una forte presenza di manodopera anche per la raccolta e l’imballaggio dei prodotti agricoli, e dove sono nati due dei mercati ortofrutticoli più importanti del Paese, il MOF – Centro Agroalimentare all’Ingrosso di Fondi (LT), e l’Ortomercato di Vittoria.

Stranieri e con tanti figli, identikit dei più sfruttati

La dimensione dello sfruttamento lavorativo in questi territori riguarda un numero significativo di nuclei familiari, anche mono-genitoriali e spesso di origine straniera, con più figli. Le difficolta’ economiche e il ricatto dello sfruttamento che schiacciano molte di queste famiglie, sono parte integrante della vita di bambine e bambini, che vivono completamente isolati dai contesti urbani e gli uni dagli altri, senza piazze o spazi comuni in cui giocare, senza centri sportivi o aggregativi, in condizioni abitative spesso malsane o al limite, degradate e affollate, con 2 o 3 famiglie a dividersi 55 metri quadrati. Questi minori toccano con mano, precocemente, anche le più drammatiche conseguenze del lavoro sfruttato dei loro genitori, come nel caso di G., che ha 9 anni, e a scuola con grande lucidita’ ha detto “Maestra, papa’ è morto di lavoro!”, dopo aver perso il padre stroncato a 40 anni da un infarto mentre lavorava nei campi. O come nel caso di K., primo di 4 figli che oggi ha 11 anni, e quando ne aveva 9, una sera, si è dovuto prendere cura della mamma chiamando d’urgenza un’ambulanza. Quel giorno era caduta dall’alto di un’impalcatura per la raccolta in una fungaia tra Sabaudia e Pontinia, ferendosi gravemente, e aveva abbandonato frettolosamente l’ospedale senza denunciare l’accaduto per paura di perdere il posto di lavoro.

Il problema della scuola, zona per zona

L’assenza quasi completa di ogni dimensione sociale organizzata e condivisa per i minori, fa della scuola l’unico presidio attivo per il contrasto all’isolamento dei bambini. Ma anche a scuola le cose non sono semplici.Nella provincia di Latina, ad esempio, più della meta’ degli operai agricoli censiti/regolari (13.000 su un totale di 20.000), sono di origine straniera, in prevalenza indiana, una proporzione che si rispecchia anche tra gli studenti di alcune scuole primarie nelle aree dove è stata svolta questa ricerca, Bella Farnia, Borgo Hermada, Borgo San Donato, Pontinia e Borgo Montenero, dove la meta’ circa è di origine straniera e la mancanza di un adeguato sostegno linguistico è un grave ostacolo per studenti, famiglie e insegnanti.

Nello scorso anno scolastico, nell’area di Bella Farnia, ad esempio, la mediazione culturale in affiancamento ai docenti era un servizio comunale, ma si limitava a 8 ore al mese, troppo poco per bambine e bambini che non hanno nè tempo pieno nè doposcuola gratuito, e non possono essere accompagnati nello studio dai genitori, ostaggio del lavoro dall’alba a notte fonda per poter sopravvivere. Nella Fascia Trasformata di Ragusa, dove le aziende agricole impiegano ufficialmente 28.274 lavoratori di cui poco più di 15.000 italiani e 12.653 di origine straniera, romena e tunisina in particolare, l’esclusione sociale si radica dalla nascita.

Ad esempio, nella zona tra Acate e Ispida, quando entrambi i genitori lavorano, l’assenza di asili e scuole dell’infanzia di prossimita’, unita alla mancanza dei mezzi per raggiungere quelle del paese più vicino, costringono i piccoli a subire espedienti estremi, come restare da soli chiusi in casa o seguire al lavoro mamma e papa’, dove capita anche di rimanere chiusi in macchina per ore, in attesa che i genitori terminino di lavorare. Se ci sono fratelli più grandi, sono loro a badare ai più piccoli, in una spirale di isolamento e marginalita’ estrema che colpisce gli uni e gli altri, e che nei casi più gravi puo’ condurre all’abbandono scolastico gia’ a partire dai 12/13 anni, per effetto anche dell’assenza degli scuolabus comunali, attivi solo per la scuola primaria e secondaria di I grado.

In alcuni casi, poi, il filo rosso del percorso scolastico si sfilaccia o si spezza a causa di un coinvolgimento diretto dei minori nello sfruttamento lavorativo, gia’ a partire dai 12-13 anni, con paghe che si aggirano intorno ai 20-30 euro al giorno. Si puo’ trattare di un lavoro a tempo pieno o, più spesso, limitato al tempo extra-scolastico quotidiano o estivo, o di un impegno che puo’ iniziare gia’ a 10 anni per “dare una mano” nel periodo di raccolta.

Il Covid

Per molti studenti, nel periodo del Covid, la scuola è stata completamente sostituita dal lavoro, poi si è tornati tra i banchi ma il pomeriggio si continua ad aiutare nelle serre, con una grossa difficolta’ nel fare i compiti e il conseguente deficit nel rendimento scolastico che porta a bocciature nelle scuole medie, e a un ingresso ritardato alle superiori (16 o 17 anni). In Italia si stima che tra i 14-15enni che lavorano, il 27,8% (circa 58.000 minorenni) abbia svolto lavori particolarmente dannosi per il proprio sviluppo educativo e per il benessere psicofisico.

Tra i minorenni intervistati che hanno dichiarato di aver avuto esperienze lavorative, il 9,1% è impiegato in attivita’ in campagna. Se la frequenza a scuola è costantemente minacciata dagli effetti indiretti o diretti dello sfruttamento lavorativo, la semplice operazione di iscrizione online a nuovo anno scolastico si rivela un’impresa per tantissime famiglie, in difficolta’ e alla ricerca dell’aiuto delle scuole stesse, o di quello dei sindacati o delle cooperative che in qualche caso suppliscono alla carenza dei servizi pubblici. Ma la barriera della burocrazia si rivela, per queste famiglie e i loro figli, altrettanto o più dannosa anche su altri fronti chiave, come quello dell’ottenimento della residenza o del codice fiscale, dell’assegnazione del medico o del pediatra, dell’accesso ai bonus per i servizi mensa e trasporto, per le procedure dell’ISEE o dell’F24. 

“Abbiamo voluto dar voce a bambini, bambine e adolescenti che vivono ogni giorno in un vero e proprio cono d’ombra, subendo gravissime violazioni nel loro accesso alla salute e all’educazione. Questo Rapporto ci dice che i lavoratori e le lavoratrici sfruttate in campo agricolo, oltre ad essere vittime dirette di questa condizione, sono anche genitori, madri e padri di bambini “invisibili” che crescono nel nostro Paese privi di diritti essenziali. Questa dimensione cosi’ grave dello sfruttamento troppo spesso, sino ad oggi, è stata ignorata. è fondamentale innanzitutto riconoscere l’esistenza di questi bambini, assicurare ad ognuno di loro la residenza anagrafica, l’iscrizione al servizio sanitario e alla scuola e i servizi di sostegno indispensabili per la crescita,” ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice Programmi Italia-Europa di Save the Children.

“Per questo motivo – ha aggiunto – chiediamo al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali di integrare il Piano Triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato con un programma specifico per l’emersione e la presa in carico dei figli dei lavoratori agricoli vittime di sfruttamento, da definire con le parti sociali e il Terzo Settore, alla luce delle esperienze e delle buone pratiche sperimentate sul campo. Chiediamo inoltre ai Prefetti dei territori dove il fenomeno è più presente di attivare un coordinamento con gli uffici scolastici provinciali, i servizi sociali, l’associazionismo e le organizzazioni sindacali per una sistematica azione di monitoraggio della presenza dei minorenni nei territori agricoli e per una offerta attiva dei servizi di base. In questo quadro, riteniamo anche necessario che questo tema sia inserito nei percorsi di formazione degli ispettori del lavoro e di tutto il personale con compiti di verifica della attuazione delle leggi in materia affinchè, con il sostegno del terzo settore, delle organizzazioni sindacali e delle reti anti-tratta, si rafforzi la capacita’ del sistema di intercettare in modo tempestivo tutte le forme, dirette e indirette, di sfruttamento dei minorenni in ambito agricolo e si potenzino le misure di protezione e di sostegno alle vittime”.

AGI

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