Browse By

Selena, un’altra indiana uccisa in Usa Il killer e la rabbia del suo popolo…

Ritrovata dopo 20 giorni tornava da una festa, l’ultimo sms. I capi della tribù del Crow stanno pensando di costituire una propria forza di polizia.

di Giuseppe Sarcina, corrispondente da Washington

Il cadavere di Selena Not Afraid, «Selena non ha paura», è stato ritrovato lunedì 20 gennaio. Aveva 16 anni, ed è la ventottesima donna scomparsa e poi uccisa tra i nativi americani, gli indiani di Big Horn County, nel Montana. La cosa incredibile è che praticamente tutti questi casi sono rimasti irrisolti, come denunciano gli attivisti delle tribù dei Crow e dei Northern Cheyenne che vivono nelle riserve situate a sud dello Stato, non lontano dai confini con il South Dakota e il Wyoming.

Anche Selena era una Crow. Ma era prima di tutto una ragazza. L’ultima volta che ha abbracciato sua madre, Jackie Big Hair, e la zia, Charlie Horn, è stata la notte di San Silvestro. L’ultima traccia è un messaggio inviato con il cellulare al fidanzato: «I loveeee youuu». Quella sera Selena si era preparata per andare a una festa di Capodanno a Billings, 80 chilometri a est da Hardin, il suo villaggio. Il party deve essere stato divertente, perché è durato fino alla mattina inoltrata. Finalmente alle due del pomeriggio è il momento di tornare. Selena sale su un van con altri amici. Ma a un certo punto, più o meno a metà strada, il veicolo si guasta. Chi è al volante accosta e si ferma in una piazzola di emergenza. Non è un’area di servizio, ma un semplice parcheggio deserto, con l’asfalto congelato. Ancora si fatica a capire che cosa sia successo. I passeggeri dicono di aver visto Selena inoltrarsi in uno dei boschetti che lambiscono la strada. Non ricomparirà più, l’auto si rimette in moto e arriva ad Hardin senza Selena. Al momento gli investigatori non hanno ancora risposto a domande elementari: perché gli amici o conoscenti non hanno subito dato l’allarme? Perché, invece di andarsene, non hanno cercato con più attenzione tra gli alberi? Interrogativi inquietanti: il corpo di Selena viene ritrovato dopo venti giorni, eppure era distante un paio di chilometri dal punto in cui il veicolo aveva accostato. L’autopsia ha stabilito che non ha subito violenza sessuale.

La comunità dei nativi americani è ora sprofondata nel dolore e nell’amarezza. «Le nostre donne sono state disumanizzate fin dall’inizio», dice al New York Times, che ha raccontato l’intera storia, Desi Rodriguez-Lonebar, una specialista in demografia che è cresciuta nella Contea di Big Horn e che ha creato un archivio, il Sovereign Bodies Institute, per catalogare tutti i casi. È un fenomeno nazionale. Nel 2019 l’Fbi National Crime Information Center ha registrato 5.590 denunce di «indigene scomparse» in tutto il Paese. Nel Montana i comitati locali, gli attivisti che stanno dando vita a un vero movimento, accusano le autorità di aver trascurato o sottovalutato questi crimini.

Una crisi che dura da generazioni a causa delle «misure di discriminazione del governo e del razzismo nei confronti degli insediamenti indiani, come quello di Hardin». Jay Harris, il procuratore della Contea di Big Horn, sostiene che gli agenti federali dovrebbero intervenire per garantire la sicurezza. Ma la fiducia, la speranza sono al minimo. Tanto che i Crow stanno pensando di costituire una propria forza di polizia. La vicenda di Selena ha innescato una forte polemica. L’Fbi fa sapere di aver inviato un team per coordinare le ricerche, cui hanno partecipato anche gli agenti del South Dakota e del Wyoming, con l’impiego di elicotteri e di droni. Eppure Selena era lì, vicino a quella striscia di cemento, da dove sua madre, Big Hair, non si vuole più spostare. A costo di dormire in una macchina gelata.

www.corriere.it

Please follow and like us: