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25 Aprile di libertà dall’altra parte del mondo. Festa nazionale in Australia e Nuova Zelanda

di  Piero Orteca

Esistono tanti ‘25 Aprile’, giorni speciali, entrati nella coscienza di un popolo a perpetuare il valore più sacro in assoluto: dare la propria vita, affinché gli altri possano continuare a esistere. Liberi. Ebbene, noi oggi vogliamo ricordare chi, dall’altro lato del mondo, ha scelto di venire in Europa per combattere e morire, nella speranza di contribuire a costruire una società più umana.

Europa liberata dal nazi-fascismo

Sembra uno scherzo del destino, ma il 25 aprile è il giorno che due grandi nazioni hanno scelto per onorare le loro forze armate: Australia e Nuova Zelanda, infatti, celebrano oggi l’Anzac Day, l’acronimo di Australian and New Zealand Army Corps.

Ma, se vogliamo parlare di incredibili e quasi commoventi coincidenze della storia, allora bisogna dire che il ‘25 Aprile’ è un giorno sacro per l’Italia, l’Australia e la Nuova Zelanda insieme. Perché ognuno di questi Paesi ha combattuto per liberare l’Europa dal nazifascismo. È col sacrificio determinante dei soldati del corpo di spedizione dell’Anzac, in particolare, che l’Ottava Armata britannica, del generale Montgomery, e la Quinta americana del generale Clarke, hanno potuto, con pesanti perdite e dopo quasi due lunghi anni, cacciare i tedeschi dalla Penisola. In precedenza, la 9ª divisione australiana aveva combattuto a Creta e anche in Libia, distinguendosi ad El Alamein. La partecipazione delle forze armate di Sydney alla campagna d’Italia, però, fu più marginale. Il sostegno si espresse attraverso lo schieramento di alcune unità navali e di qualche squadrone di aerei.

150 mila vite dall’altro capo del mondo

In totale, tra Prima e Seconda guerra mondiale, sono morti quasi 150 mila soldati di questi due Paesi, che hanno avuto il loro primo battesimo del fuoco nel 1915, col sanguinoso assalto alla Penisola turca di Gallipoli, nei pressi dei Dardanelli. Prima guerra mondiale. Era proprio il 25 aprile quando un massiccio corpo di spedizione alleato sbarcò in quell’area, nel tentativo di prendere il controllo dello stretto che dà accesso al Mar Nero. Sembra quasi guerra d’attualità. L’operazione in Turchia, studiata dal Primo Lord dell’Ammiragliato di Londra, Winston Churchill, fu un massacro lungo otto mesi. Una clamorosa sconfitta sopportata, in parte dalle truppe dell’Anzac, oltre che da inglesi e francesi. Ma rimaniamo più vicini a casa e al nostro 25 aprile. Sempre a Montecassino

I neozelandesi di Montecassino

Più significativa, anche per le battaglie alle quali prese parte, fu la presenza dei soldati neozelandesi. In particolare, la loro storia è legata ai durissimi scontri sviluppatisi nell’area dell’Abbazia di Montecassino. Il glorioso monastero medievale, che domina tutta la valle del Liri, rappresentava il caposaldo inespugnabile della linea Gustav. I tedeschi (in buona parte, truppe d’èlite come i paracadutisti) si erano trincerati all’esterno dell’edificio e respingevano qualsiasi assalto. Dopo una fase di stallo durata tutto l’inverno, il comandante del Corpo neozelandese, generale Bernard Freyberg, chiese che l’abbazia fosse rasa al suolo, pensando che offrisse rifugio ai difensori della Wehrmacht, in modo contrario a tutte la legge di guerra. Gli storici hanno già accertato da tempo che tutto ciò non era vero.

Freyberg aveva invocato il bombardamento semplicemente perché pensava che, facendo terra bruciata, fosse finalmente più facile eliminare l’ostacolo che gli sbarrava la strada verso nord. Comunque sia, dal 15 febbraio 1944, per tre giorni, il monastero benedettino venne sotterrato di bombe ad alto potenziale.

Gli errori di Freyberg e i caduti polacchi

Paradossalmente, la mossa peggiorò le cose per gli attaccanti: i tedeschi, infatti, non c’erano nell’abbazia, ma vi penetrarono dopo che fu distrutta. Sfruttando tutto il pandemonio di rovine rimaste, come ottimo nascondiglio per vendere cara la pelle. Il risultato fu che, quando i neozelandesi attaccarono coraggiosamente, furono accolti da una grandinata di proiettili e lasciarono sul terreno molti caduti. Non contento di tutto questo, Freyberg fece demolire fino all’ultimo mattone, con furiosi bombardamenti, anche la città di Cassino. Il risultato fu identico. I paracadutisti tedeschi sfruttarono le rovine di una città ormai fantasma, per aspettare i nemici al varco e distruggere un carro armato dopo l’altro. Cassino era ormai diventata un tritacarne, dove il dio della guerra esigeva un prezzo sempre più impagabile. A quel punto gli americani, dopo tutto il sangue versato dai neozelandesi, chiesero lo stesso sacrificio ai polacchi di Anders, Morirono a migliaia, mentre i “fallschirmjaeger” si ritiravano con calma.

A Cassino, neozelandesi e polacchi hanno molte cose in comune. Riposano insieme, in due cimiteri vicini, nel posto dove sono caduti, perché altri potessero vivere liberi. Su ogni tomba c’è un papavero rosso: serve a ricordarci che il cuore non muore mai.

REMOCONTRO

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