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Il dramma invisibile. Haiti a ferro e fuoco, l’Onu: «E’ una guerra»

Almeno 70 morti in cinque giorni di battaglia fra le gang. Epicentro del conflitto il quartiere di Brooklyn, a Cité Soleil: «Catturano la gente che fugge e la decapitano»

di Lucia Capuzzi

Cité Soleil è di nuovo campo di battaglia. Dal 14 aprile, le gang G9 e Gpep hanno rialzato il livello dello scontro. Non più lo stillicidio quotidiano fatto di cecchini appostati sui tetti e esecuzioni extragiudiziali. Ora è un conflitto aperto e feroce con decine e decine di morti, donne e bambini torturati, giovani arsi vivi e migliaia di abitanti in fuga. Epicentro dei combattimenti è il quartiere di Brooklyn di Cité Soleil, bersaglio delle incursioni di G9, che controlla nella zona limitrofa di Boston. «I miliziani di G9 catturano la gente che fugge dal quartiere di Brooklyn. Li aspettano sull’unica strada. Giovedì hanno rapito un gruppo di sette persone: ne hanno uccisi 4 e liberati tre, senza alcuna spiegazione. Poi ne hanno preso cinque: solo due sono tornati. Infine ne hanno catturato trenta, non so quanti di loro siano morti. E parlo solo di giovedì pomeriggio. Prima c’erano stati altri assassinii», racconta una delle pochi fonti umanitarie disponibili, il cui nome non può essere rivelato per questioni di sicurezza.

Un giovane cerca di portare via dalla zone degli scontri l’anziana madre – Reuters

«Venerdì, sabato e domenica sono stati giorni molti brutti. Lunedì mattina, otto persone hanno cercato di scappare. Le hanno prese, decapitate e poi hanno bruciato i corpi. Tra loro c’era Renelson, in quinta superiore, e la mamma di una bimba che conosco. La nonna ha cercato di chiedere i resti. L’hanno picchiata selvaggiamente e poi cacciata», aggiunge.


Alla luce di queste testimonianze non sorprende quanto dichiarato dal segretario generale, Antonio Guterres: «A causa dell’elevato numero di morti e della crescente estensione di aree controllate da bande armate, l’insicurezza nella capitale ha raggiunto livelli uguali a quelli di Paesi in guerra». Solo a Cité Soleil, secondo il bilancio, per difetto, del Coordinamento degli affari umanitari dell’Onu, tra il 14 e il 19 aprile ci sono state settanta vittime e oltre quaranta feriti. «La situazione umanitaria è allarmante – ha affermato la coordinatrice Ulrika Richardson –. La popolazione si sente sotto assedio». Dallo scorso luglio, l’area è off-limits: impossibile raggiungerla per le autocisterne che portano l’acqua nella baracche senza rete idrica e per i mezzi incaricati di pulire i canali di scolo. Da nove mesi, dunque, gli abitanti si muovono su lagune di acqua fetida e montagne di pattume ovunque.

Il dramma di Brooklyn non è isolato. L’intera Port-au-Prince è dilaniata da una guerra senza inizio ufficiale né fine prevedibile. Il sibilo dei proiettili risuona incessante da giorni nei quartieri di Turgeau, Debussy, Pacot e Canapé-Vert. In quest’ultimo, un gruppo di esponenti di una gang sono stati catturati e linciati dalla folla. Tra gennaio e marzo, gli omicidi – solo quelli denunciati – è aumentato del 21 per cento rispetto al trimestre precedente e i rapimenti del 63 per cento. Nella capitale, ormai, non c’è più una zona sicura.
Avvenire




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