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Bambini siriani, la nostra indifferenza è la loro condanna a morte definitiva.

di Roberta Ragni

I media stimano che gli sfollati causati dalla battaglia di Idlib siano 1.300.000, ma la verità è che è impossibile saperlo con esattezza. Queste persone si trovano ammassate tra la città sotto assedio e il confine turco, senza cibo, riparo, gas o elettricità. Molti di loro sono bambini. Per loro nessun futuro, ma solo sofferenza.

L’aiuto umanitario che perviene loro è limitato, il nostro partner locale afferma che “se anche potessero paracadutare provviste, avrebbero la certezza di uccidere almeno una famiglia nel farlo,” tanti sono gli sfollati. È la tragedia umanitaria più grave del secolo.

Sono terribili le parole di Nicolò Govoni, il 27enne italiano che aiuta i bimbi rifugiati, fra i nominati alla candidatura per il Nobel per la Pace. Uno che sa bene, insomma, che quello che sta accadendo in queste ore contro i siriani, bambini compresi, è quanto di più aberrante si possa immaginare. Dai gas lacrimogeni agli spari contro i gommoni, dagli hotspot lager in cui i piccoli arrivano addirittura a suicidarsi all’ennesimo corpicino esanime nel mare, che ormai somiglia più a un cimitero che a una distesa d’acqua salata.

Le tensioni in Turchia, spiega Govoni, stanno raggiungendo picchi vertiginosi.

“In molte città di confine si stanno svolgendo proteste, in alcuni casi con gruppi di cittadini turchi che attaccano siriani o attività gestite da siriani come rappresaglia. Per tutta risposta, la Turchia ha intensificato il proprio impegno militare in Siria. Ankara ha anche aperto la via verso i confini europei, sospendendo le operazioni di pattuglia acquistate dall’UE attraverso l’accordo del 2016 (una strategia barbarica, a mio avviso, nonché poco lungimirante) e in cambio di 6 miliardi di euro (promessi). Negli ultimi giorni, si stima che superino i 30.000 i profughi accalcatisi ai confini greci, sia marittimi sia di terra, scontrandosi con la polizia e manipoli di cittadini pronti a farsi giustizia privata”.

Dall’altra parte della barricata, troviamo i greci, esausti anche loro, con gli hotspot, i campi profughi di ricezione e registrazione, ormai conosciuti come dei “lager europei a cielo aperto”.

A Lesbo, un video mostra gli isolani prendere la legge nelle proprie mani impedendo a un gommone di attraccare. Un secondo video mostra la guardia costiera tentare di affondare un altro gommone. E oggi come cinque anni fa, un bambino è annegato tentando la traversata. Suona famigliare? Forse stai pensando ad Alan Kurdi, il bambino morto sulla spiaggia. Siamo davvero disposti a ricominciare tutto questo daccapo?”, continua l’attivista.

Nessuno sa dove sia la verità. Nessuno sa cosa fare nel piccolo per aiutare i bambini siriani. Tutto quello che sappiamo è che l’unica prospettiva che importa è quella di cui nessuno sta parlando: quella delle vittime innocenti.

“La vostra indifferenza è la nostra condanna a morte.”

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